Bisogna riconoscere che a pochi giorni dalla stipula del Patto per Milano, firmato da Renzi con Sala, la lettera di Sala al Governo sulla questione migranti, uscita su Repubblica, afferma la responsabilità nazionale del sindaco di Milano. 

Dunque il laboratorio politico avviato a Milano vuole e dev’essere fondativo nella politica italiana. Almeno Sala cerca di affermarlo, e nella sua lettera chiede un cambio di passo, ovvero uscire dall’emergenza profughi per rendere stabili le azioni del governo verso un fenomeno che non ha più niente di temporaneo ed emergenziale: l’afflusso dei migranti ha un carattere epocale, destinato a durare nel tempo.



Sala chiede al Governo di deliberare soluzioni durature nel tempo. Mettendo a disposizione luoghi adatti e fondi di sostegno. Sala non chiede di ridurre il peso dell’accoglienza su Milano, non si oppone alle aperture del nostro Paese, non si pone come i sindaci della destra populista. E dice invece che si deve uscire dalla logica della provvisorietà che da troppo tempo caratterizza le politiche nazionali attorno alla questione accoglienza. 



In particolare Sala fa riferimento all’opportunità di impegnare i migranti accolti in lavori socialmente utili. In questo afferma una riunificazione fra diritti e doveri che da troppo tempo manca nelle nostre politiche sociali. La vita dignitosa è il diritto di ognuno di poter diventare utile, dunque il migrante accolto non può rimanere per mesi e anni nel vuoto, particolarmente i giovani nel pieno delle loro forze.

Nella richiesta di Sala si riflettono il degrado dei centri di accoglienza, e lo sfruttamento da schiavismo illegale che accade nei lavori agricoli in Meridione. Mentre nelle città del Nord tutte le giornate sono spese per cercare di sfondare le frontiere e raggiungere i paesi più ricchi dell’Europa.



L’intervento di Sala sembra in sintonia con le critiche di Renzi svolte a Bratislava sulla mancata assunzione di responsabilità dei governanti europei nelle politiche di accoglienza.

Bisognerebbe entrare meglio nella definizione di cosa significa uscire dall’emergenza. Sala cita l’uso delle caserme, chiede maggiori fondi, ma la questione è molto più impegnativa. Renzi mette in primo piano lo svolgimento di politiche di prevenzione nei paesi di origine dei flussi migratori, ma questa è una strategia da Nazioni Unite, non può essere questione di politiche dell’Italia. Purtroppo, però, non si può prevedere una simile affermazione di serietà in quello che dovrebbe essere un governo mondiale. La guerra mondiale a pezzi dice da sola della gravità del contesto internazionale.

Se è così, l’uscita dall’emergenza può solo significare che l’Italia deve definire la parte che vuole svolgere davanti ai flussi migratori. Si devono stabilire i numeri di disponibilità nei diversi gradi di accoglienza, per iniziare poi a fare serie politiche a sostegno dell’integrazione, dell’educazione, dell’immissione nel lavoro e nelle soluzioni abitative. 

Il Parlamento dovrebbe essere investito al più presto della responsabilità di concretizzare le scelte politiche riguardanti la questione migranti; al tempo stesso, occorre che si formino maggioranze che stabiliscano il volto vero dell’Italia in questa sua disponibilità a farsi carico dell’immenso problema di umanità, nella consapevolezza che il nostro tempo ci pone.

Anche le altre forze politiche devono partecipare al laboratorio politico che è oggettivamente nato a Milano con le elezioni comunali. La città che ha saputo fare un confronto elettorale responsabile e non urlato deve parlare a tutto il Paese, questo vale anche per Parisi e il suo impegno a rinnovare le politiche del centro-destra. Si apra allora il confronto in Consiglio comunale: chi rappresenta ia cittadini deliberi un ordine del giorno di indirizzo per l’uscita dall’emergenza come chiede il sindaco Sala.