In un’aula strapiena dell’Università Statale di Milano si è tenuto oggi (ieri, ndr) un incontro dal titolo tanto breve quanto incisivo: “Europa: sì o no?”. La lezione è stata organizzata dall’associazione studentesca Lucerna Iuris che ha invitato l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, oggi direttore della Scuola di affari internazionali di SciencesPo a Parigi. A moderare c’era il professor Giorgio Vittadini, docente di statistica nell’Università Bicocca, il quale ha introdotto l’incontro domandando all’ex premier quali sono le ragioni per stare assieme in maniera costruttiva in un mondo in cui se prima l’Italia era un grande paese in un piccolo mondo, adesso rischia di essere un piccolo paese in un mondo grande.
Letta ha chiarito fin da subito che quello presentato da Vittadini è il rischio che l’Italia corre se non si rende conto dei cambiamenti che stanno avvenendo a livello globale. In particolare ha evidenziato due macro dinamiche: la prima riguarda l’invenzione di internet e di conseguenza la velocità della comunicazione, che ha permesso a tutti di essere cittadini del mondo e di non vivere e confrontarsi solo con i propri concittadini, come invece avveniva fino a trent’anni prima. La seconda dinamica è stata identificata nel fatto che negli ultimi vent’anni oltre un miliardo di persone sono uscite dalla possibilità di morire di fame e che paesi come la Cina sono adesso al centro del mondo economico-politico. Proprio la Cina nell’ultimo ventennio, ha ribadito Letta, è passata dal rappresentare il 4-5 per cento dell’economia mondiale all’incredibile 16-17 per cento attuale e da questo se ne deduce immediatamente che se non esisterà un’Europa unita i suoi singoli stati saranno condannati all’irrilevanza.
Dopo una panoramica generale Letta ha risposto a diverse domande del pubblico composto da studenti delle diverse facoltà dell’Ateneo. L’ex premier ha parlato da professore e studioso, più che da politico in senso stretto del termine e non ha lasciato cadere nessuna provocazione contenuta nelle domande.
Infatti ha iniziato dicendo che non ritiene più che le idee di coloro che sostenevano un tempo l’Europa abbiano attualmente presa sulle popolazioni, perché se all’inizio si voleva creare un’unione tra stati per scongiurare nuove guerre, adesso sembra assurdo che stati come Francia, Germania e Italia si dichiarino nemici. Bisogna quindi, ha continuato, trovare nuovi legami e questi possono essere solo i valori condivisi trasversalmente da tutte le popolazioni in Europa. Tra questi valori ha citato l’attenzione alla natura, il diritto dei lavoratori, ma anche la parità di valore tra uomo e donna e altri ancora come la negazione della pena di morte. Non ha infine scansato un tema scottante come quello degli immigrati, dicendo che un valore condiviso in tutta Europa è quello del diritto dei rifugiati che va ben distinto dal fornire assistenza ad immigrati per ragioni economiche.
È emerso nel dialogo un altro punto caldo su cui Letta, pur essendo un forte europeista, si discosta dal pensiero comune; la questione riguarda il rapporto tra gli stati e Bruxelles. A tal proposito l’ex premier ha dichiarato che l’Europa non sarà una storia di successo se questa vorrà cancellare l’identità dei singoli stati europei. Proprio per questo Letta suggerisce che bisogna convivere con una multi-identità culturale legata ai singoli stati di cui l’Europa dev’essere il punto di completamento. Una multi-cultura in cui tutti devono essere minoranza per poter avere un dialogo efficace, e non egemonizzata da uno o più stato forti. Proprio per questo, ha ribadito Letta, serve che la comunità europea sia basata sulla solidarietà, non solo economica, che fino ad oggi è stata carente.
Le domande si sono poi susseguite e Letta ha voluto esporre un metodo di lavoro, dicendo che a domande impegnative come quelle sul futuro dell’Europa bisogna rispondere studiando e facendo un’azione politica di cui c’è necessità e soprattutto spazio per poterla applicare, in modo da smentire coloro che sostengono che l’Europa sia solo burocrazia.
Sulla serietà dello studio e dell’impegno di ciascuno ha sottolineato che non si possono dare risposte in centoquaranta caratteri come su Twitter, perché così si parla solo allo stomaco della gente, mentre coloro che hanno ideato per primi l’Unione Europea e chi ancora adesso difende questo progetto dovrebbe lasciar perdere le frasi ad effetto e trovare le giuste risposte misurandosi con grandi ideali.
L’ex premier ha voluto così concludere il dibattito lasciando aperto il cammino a nuovi contributi e idee che, chissà?, forse in parte potrebbero provenire in futuro anche dagli oltre trecento giovani ai quali ha testimoniato la sua grande passione politica.