Accusato di falso materiale e ideologico, Beppe Sala rischia il rinvio a giudizio. Il sindaco di Milano saprà nei prossimi giorni se andrà a processo per la maxi inchiesta su Expo. L’ex commissario è accusato di aver firmato un atto retrodatato fondamentale, cioè quello relativo alla nomina dei commissari. Datato 17 maggio 2012, sarebbe stato scritto al computer il successivo 30 maggio. Dalle intercettazioni tra uno dei membri, Angelo Molaioni (non indagato), e la moglie è emerso ce i legali di Infrastrutture Lombarde si erano resi conto che lui e l’ingegnere Antonio Acerbo non erano compatibili. La gara rischiava di essere invalidata e i lavori erano già in ritardo, quindi Expo rischiava di saltare. Da qui, secondo l’Espresso, l’idea dei tecnici di Infrastrutture di preparare un nuovo atto di nomina con la data falsa del 17 maggio, che annullava quella precedente e integrava la commissione con due supplenti. C’è stato dolo da parte di Beppe Sala o ha firmato a sua insaputa? L’atto risulterebbe firmato a casa dall’attuale sindaco di Milano, non in ufficio. (agg. di Silvana Palazzo)
Il termine stabilito dal gip per la proroga per le indagini sull’inchiesta che vede coinvolto il sindaco di Milano, Beppe Sala, sul maxi appalto della Piastra di Expo scade oggi ma tra archiviazione e rinvio a giudizio è più facile che venga scelta la seconda opzione. Lo rivela il settimanale L’Espresso oggi in edicola, sottolineando che sarebbero emerse nuove prove e intercettazioni che difficilmente eviteranno il processo al primo cittadino meneghino. Come ricostruisce Il Giornale, Sala secondo l’accusa avrebbe firmato un atto retrodatato molto importante come quello della nomina del commissari della maxi-gara d’appalto da 272 milioni di euro, datandolo 17 maggio 2012 nonostante risultasse scritto al computer il successivo 30 maggio. Inutile dire come un processo a Beppe Sala metterebbe in imbarazzo non solo il sindaco Sala ma tutto il Partito Democratico. (agg. di Dario D’Angelo)
Scade oggi il termine stabilito per la proroga delle indagini sul maxi appalto della Piastra di Expo, inchiesta nella quale è coinvolto anche il sindaco di Milano Beppe Sala. Sono trascorsi sei mesi dalla disposizione del gip Lucio Marcantonio, quindi la Procura generale prossimamente dovrebbe chiudere l’inchiesta per la quale il primo cittadino meneghino, all’epoca dei fatti commissario unico e amministratore delegato della società Expo spa, è accusato di falso materiale e falso ideologico.
Nel maggio 2012 Beppe Sala, secondo l’accusa mossa dal procuratore Roberto Alfonso, avrebbe retrodatato due verbali di nomina della commissione aggiudicatrice della gara d’appalto per la Piastra dei Servizio per evitare di dover annullare la procedura anche per il ritardo che si era accumulato sul programma dell’Esposizione Universale. Il sostituto pg ha deciso nel corso delle indagini di far entrare negli atti anche le dichiarazioni di Beppe Sala rilasciate in un’intervista a Repubblica: il sindaco di Milano aveva dichiarato di non ricordare quanto accaduto «in quelle giornate convulse». Inoltre, ha dichiarato a proposito dell’indagine che «ha comunque appurato che ciò che sarebbe accaduto è stato irrilevante per la regolarità della gara».
La prossima settimana si conoscerà il destino dell’inchiesta e la posizione del sindaco Beppe Sala, che a dicembre si autosospese dal suo incarico, salvo poi rientrare dopo alcuni giorni a Palazzo Marino. La procura generale potrebbe chiedere l’archiviazione o il rinvio a giudizio degli indagati. La prima eventualità appare del tutto remota per giustiziami.it, secondo cui è più probabile che gli venga notificata prima la chiusura dell’inchiesta e poi la richiesta del processo.