Sulle pagine del Sussidiario, in diverse occasioni, è stata raccontata la storia delle Apac: sistemi di detenzione a bassa vigilanza, nati in Brasile, che si propongono come alternativa al sistema carcerario classico. Un progetto che funziona con buoni risultati. E in Italia? Qualcosa si muove, in un originale intreccio di agricoltura 2.0 e impresa sociale. Un’esperienza che nasce dall’incontro tra due soggetti protagonisti.



Il primo si chiama Stefano Piatti. Giovane milanese con la passione per la terra, Stefano, a conclusione del suo percorso di giurisprudenza, decide di andare in Brasile per studiare le Apac. Torna e apre un’attività di agricoltura sociale, coniugandola a ciò che ha visto accadere in Sudamerica. Parte rilevando ai confini del Parco Agricolo Sud di Milano un’azienda volta alla produzione di cereali: la rilancia in qualità, ampliando l’offerta e utilizzando metodi di coltivazione naturale. Mantenendo sempre viva la mission sociale, l’azienda si propone come luogo di rilancio per persone che hanno vissuto o vivono difficoltà, come ragazzi rifugiati e persone provenienti dal contesto delle carceri, e come punto di contatto con la vita rurale per tutte le persone disabituate alla natura perché cresciute in ambiti cittadini.



I secondi protagonisti di questa storia sono le persone che stanno adottando un orto da Stefano e dai suoi aiutanti, attraverso il progetto Ortiamo, un’iniziativa lanciata nelle Marche. L’adozione nasce virtuale, attraverso quel linguaggio apparentemente lontano dalla vita di chi si rimbocca le maniche: un videogioco. Ma il videogioco successivamente diventa seme piantato e ortaggi maturati, raccolti tutti assieme, che verranno consegnati a domicilio nei paesi intorno all’azienda.

L’idea centrale è tanto semplice quanto forte: riscoprire attraverso un orto la bellezza dei rapporti “reali”: mangiando assieme, passeggiando immersi nella natura, lavorando manualmente, condividendo. Per questo, protagonista è chiunque scelga di esserlo, aderendo all’adozione.



Questa realtà è parte di una rete di adozione orti più ampia, nata nella provincia di Pesaro e Urbino quattro anni fa, in cui anche altri agricoltori creano progetti di pari opportunità. La rieducazione alla natura, ai rapporti e all’inclusione sociale è il denominatore comune di questa filiera commerciale corta, anzi cortissima, che ridona una faccia agli estremi della catena agricola. Un’alternativa più sociale, inclusiva ed educativa della spesa neo-chic “organica”, dove poter riscoprire la gioia di un incontro.

(Marco Tedesco)