Quando due anni fa un amico mi ha proposto di candidarmi all’interno della coalizione di centrodestra alle elezioni per il Consiglio del Municipio 9 di Milano, dove abito da quasi un decennio con mio marito e i miei tre figli, ho subito accettato con entusiasmo. Ciò non “nonostante”, ma “grazie” alla scelta di lasciare il mio lavoro presso l’ufficio legale di un’importante società per dedicarmi a tempo pieno ai miei bambini. Infatti quella è stata l’occasione per aprirmi alla conoscenza delle altre famiglie, dei giovani e degli anziani del mio quartiere e alla condivisione delle stesse esigenze. Così, in occasione delle elezioni comunali del 2016, ho pensato che se si vuole incidere e cambiare anche minimamente il luogo dove si abita, senza limitarsi alla lamentela di ciò che non va, sia necessario implicarsi in prima persona, impegnandosi laddove ci si trova e con gli strumenti che si hanno a disposizione.
Dopo l’esito positivo delle comunali, che mi ha quasi inaspettatamente visto quale candidata più votata della coalizione su tutte le zone della città, sono stata nominata assessore all’Educazione, istruzione, politiche sociali, salute e casa del Municipio 9, nonché delegata alle pari opportunità.
In questi due anni di lavoro ho fatto l’esperienza di cosa significhi concepirsi a servizio dell’operosità sociale. Seguendo il principio di aiutare chi già aiuta, ho dato il via al bando annuale “Il pane dei bisognosi” attraverso cui il Municipio contribuisce a sostenere e implementare l’attività delle realtà territoriali che si occupano di distribuire generi alimentari a persone e famiglie povere. Attraverso il bando 2016 il mio assessorato ha aiutato 5 realtà di quartiere, che hanno aiutato complessivamente 140 famiglie e 70 persone singole. L’anno successivo sono aumentate a 9 le associazioni, cooperative, circoli e parrocchie sostenute nel contrasto alla povertà alimentare e sono state aiutate 275 famiglie e 255 persone singole.
Come metodo di lavoro, quindi, ho sempre mantenuto lo stesso che mi ha portato ad accettare la candidatura: non partire da un’idea pur giusta, ma dall’ascolto di persone e soggetti che quotidianamente vivono il territorio e le problematiche di chi lo abita. Le idee sorgono quale esito dell’ascolto, come quella di andare incontro alle esigenze di tanti genitori ed educatrici, promuovendo la distribuzione di materiale didattico alle 39 scuole dell’infanzia statali, paritarie comunali e private del territorio e di supporto ai laboratori di tutti i Centri diurni disabili (Cdd) del Municipio 9. Più recente invece è la Convenzione stipulata con l’A.S.S.T. Grande Ospedale Niguarda per il sostegno pluriennale a uno sportello dedicato alle persone malate di Alzheimer e loro familiari. Sportello già attivo nel territorio, ma che ho voluto implementare e stabilizzare come servizio alla cittadinanza.
Da qui ho acquisito maggior consapevolezza del fatto che la politica è innanzitutto limite. E non è un male in un momento in cui troppi urlano, pretendendo di avere la bacchetta magica con cui cambiare tutte le cose. La politica invece è limite, perché non potrà mai risolvere sino in fondo i problemi sempre nuovi delle persone. Secondo, perché pur con strumenti imperfetti può, tuttavia, agevolare le forze sociali che operano da protagoniste nella risposta ai bisogni espressi, comunicando un’umanità che le istituzioni in quanto tali non potranno mai comunicare. Terzo, perché ci sono ambiti in cui la politica intesa come battaglia ideologica si deve arrestare, riconoscendo la precedenza, per esempio, alla libertà di educazione dei genitori nell’ambito della scuola.
A tal proposito, negli ultimi mesi, ho avuto modo di ribadire — in risposta ad alcune vicende accadute in due istituti secondari di primo grado del mio territorio, dove sotto il pretesto di corsi contro il bullismo si sono svolte lezioni discutibili sulla sessualità — che non vi è mai un’interruzione della responsabilità educativa, anche quando i figli sono in classe. Non si demanda mai, perché fra scuola e famiglia deve esserci sempre un’alleanza. Questa può consistere anche nel fatto che i genitori siano posti nelle condizioni di sapere in modo preciso cosa viene detto al proprio figlio o figlia. Attraverso un’apposita delibera ho subordinato l’elargizione di eventuali contributi allo strumento del consenso informato. Esso appare ancor più necessario in occasione di progetti ad hoc su tematiche sensibili quali il bullismo, la sessualità, le discriminazioni di genere, il dialogo fra religioni.
Tale è la mia esperienza amministrativa, che vorrei portare e riproporre anche in Consiglio regionale, ove mi fosse data l’occasione e l’onere di essere eletta con la lista “Noi con l’Italia”. Non tutte le idee o proposte in campo sono uguali e, da questo punto di vista, impegnarsi in “Noi con l’Italia” significa, in particolare, proseguire proprio con l’impostazione e l’impianto che ha reso da vent’anni la Lombardia un modello di buon governo, imperniato su quel principio di sussidiarietà che completa e meglio definisce quell’idea di “limite” di cui ho scritto.
Mi candido per portare il mio bagaglio di esperienza amministrativa in Regione, avendo in particolare una spiccata attenzione al mondo della disabilità, delle famiglie e della scuola, sempre partendo dalle esigenze di chi le vive e vi opera.
Mi candido con “Noi con l’Italia”, nella coalizione di centrodestra e a sostegno di Attilio Fontana, per proseguire a migliorare il lavoro iniziato.