Javier Milei ha tuonato contro il Parlamento dell’Argentina nel corso di una intervista al Financial Times. Al centro della questione c’è la politica economica del presidente libertario, che è ampiamente percepita come ad alto rischio. A gennaio è stato ottenuto infatti il primo surplus di bilancio del Paese degli ultimi dodici anni attraverso dei tagli ai pagamenti alle province, il congelamento dei bilanci e la diminuzione delle pensioni e dei benefici per arginare l’inflazione. Gli esperti hanno avvertito che questa strategia potrebbe non essere sostenibili.



Il capo di Stato nonché ex economista tuttavia è di parere diverso. “Abbiamo evitato l’iperinflazione e il nostro obiettivo è continuare a ridurre l’inflazione. Ci sono altre riforme che possiamo fare per decreto ed è quello che faremo”, ha affermato. Javier Milei ha in mente ancora altre misure drastiche da attuare anche a costo di scavalcare il Parlamento. “È chiaro che questa resistenza dimostra che i politici non hanno problemi a danneggiare gli argentini per mantenere i propri privilegi”, ha accusato.



Milei al Financial Times: “Non mi serve Parlamento per governare Argentina”, le accuse

Le tensioni provocate dall’elezione di Javier Milei a capo dell’Argentina non sono poche, sia all’interno che all’esterno. La politica economica in tal senso è soltanto uno dei tasselli. Il presidente tuttavia non è preoccupato per il futuro. “La possibilità che si verifichi una rivolta sociale è pari a zero, a meno che non vi sia un evento motivato politicamente o che essa coinvolga infiltrati stranieri”, ha affermato ancora al Financial Times.

A tal proposito l’esponente del Partito Libertario ha rivelato che degli attivisti venezuelani e cubani avrebbero partecipato alle recenti proteste travestiti da fotografi. “I governi di sinistra lavorano insieme per cercare di sabotare coloro che non sono come loro”, ha accusato. Infine, ha ribadito le alleanze con gli Stati Uniti, che è cruciale poiché questi ultimi sono il maggiore azionista del FMI, che sta valutando quanta flessibilità concedere al governo argentino nei prossimi anni sul prestito di 44 miliardi di dollari che deve ripagare.