Spesso si sente dire che milioni di persone potrebbero essere costrette a scappare a causa del cambiamento climatico, ma a mettere in dubbio queste previsioni è il deputato dei Verdi, nonché esperto di migrazione, Benjamin Schraven, il quale contesta anche l’uso dell’espressione “rifugiati climatici”. Nell’intervista resa a Welt esordisce attaccando le previsioni di molti politici, Ong e media, secondo cui potremmo avere fino a 200 milioni di rifugiati climatici entro il 2050. “Il numero circola in pubblico dagli anni ’90. Fu il famoso professore di Oxford Norman Myers a fare questa previsione. Ma era un ricercatore sulla biodiversità, non un esperto di migrazione. Ciò che allora aveva correttamente calcolato non è più metodologicamente sostenibile dal punto di vista odierno“. Questa previsione è sostenuta anche dalla Banca Mondiale, ma è il più pessimistico tra gli scenari creati. “Si riferisce anche ai movimenti migratori all’interno dei paesi colpiti. Nel Nord del mondo, tuttavia, alcuni interpretano la cifra in modo tale che milioni di persone potrebbero fuggire nei prossimi decenni, soprattutto verso l’Europa“, spiega Schraven. Dunque, ridimensiona la questione, precisando che “il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici prevede che più di 3 miliardi di persone ne soffriranno le conseguenze“.
Ma questo non vuol dire che tutte queste persone diventeranno rifugiati climatici. “Chi migra spesso lo fa all’interno della propria regione. Anche in futuro le decisioni sulla migrazione continueranno ad essere influenzate da molti fattori. Nella ricerca si parla quindi di ‘migrazione nel contesto del cambiamento climatico’ e non di rifugiati climatici“. Il problema però potrebbe riguardarci da vicino, infatti Schraven fa l’esempio dell’Olanda. “Ora gli olandesi sono campioni del mondo nel strappare la terra al mare, ma se il livello del livello del mare continua a salire, diventerà sempre più difficile, sia dal punto di vista tecnico che finanziario, proteggere le regioni costiere colpite. Presumo che le persone lì perderanno le loro case. In realtà, dovremmo avviare oggi un dialogo su questa minaccia e sulle sue possibili conseguenze, come la migrazione e il reinsediamento. Ma ciò non sta accadendo“.
“RIFUGIATI CLIMATICI? SOLO UN’ESPRESSIONE POLITICA”
Per Benjamin Schraven, “rifugiati climatici” è un’espressione politica che non ha valenza dal punto di vista scientifico e giuridico. “Ci saranno solo poche regioni in cui il cambiamento climatico e la migrazione saranno direttamente e immediatamente collegati in modo causale“. Ai microfoni di Welt fa un esempio per rendere l’idea: se le isole del Pacifico diventassero inabitabili per l’innalzamento del livello del mare e le persone fossero costrette a scappare, allora la migrazione sarebbe causata effettivamente dai cambiamenti climatici. Ma in altri casi questo collegamento è molto più complesso. Anche in questo caso Schraven fa un esempio: “Il cambiamento climatico aumenta la probabilità di siccità e quindi di instabilità politica e conflitti. Ciò a sua volta può favorire la fuga. Ma non si tratta di una fuga causata direttamente dagli estremi climatici. Il cambiamento climatico è anche un moltiplicatore di rischi“. Per il deputato tedesco dei Verdi “le persone più colpite dal cambiamento climatico non arriveranno in Europa su larga scala“.
Ci sono famiglie di contadini e pescatori, nomadi che non hanno le risorse per lasciare l’Africa. “Se possono permetterselo, emigrano verso la costa per lavorare nell’agricoltura commerciale o nel settore informale nelle città. Alcuni – e questo è davvero preoccupante – non hanno i mezzi per andare da nessuna parte. Sono quindi direttamente esposti alle conseguenze del cambiamento climatico“. In realtà, per Schraven il vero problema è l’immobilità forzata e le sue conseguenze, non la mobilità. In ogni caso, ritiene che vi siano buone ragioni etiche per proporre una sorta di pass climatico per le persone che hanno dovuto lasciare le proprie case a causa del cambiamento climatico. “Si sta inoltre discutendo una convenzione separata per le persone che devono lasciare le proprie case a causa del cambiamento climatico. Ma nel prossimo futuro non ci saranno maggioranze politiche per tali progetti, né in Germania né a livello internazionale. Dovremmo piuttosto affidarci a soluzioni regionali in loco“.