Ritirarsi, a un certo punto della carriera, è un gesto di umiltà che ben pochi artisti sanno fare. Lei, Milva, vero nome Maria Ilva Biolcati, deceduta dopo lunga malattia a 81 anni, lo aveva fatto. Era successo 10 anni fa, quando era ancora relativamente giovane, mentre assistiamo allo svilire in pubblico di tante sue colleghe che questo coraggio, questa dipendenza dall’adorazione pubblica, da una consistenza che solo l’apparire dà loro, non riescono a fare. Nel 2010 sulla sua pagina Facebook aveva scritto una lettera bella e commovente. “Dopo cinquantadue anni di ininterrotta attività, migliaia di concerti e spettacoli teatrali sui palcoscenici di una buona metà del pianeta, dopo un centinaio di album incisi in almeno sette lingue diverse, ho deciso di mettere un punto fermo alla mia carriera (…) che credo grande e unica, non solo come cantante ma come attrice ed esecutrice musicale e teatrale (….). Ho deciso di abbandonare definitivamente le scene e fare un passo indietro”. Da allora poco o nulla si è saputo di lei anche se viveva sempre in pieno centro di Milano con la sua segretaria di tanti anni e la figlia Martina Corgnati, critica d’arte. Soffriva di perdita di coscienza del tempo e della memoria e non riusciva più a camminare. Ma la sua uscita l’aveva fatta da tempo con la massima dignità, prevedendo forse in modo profetico un momento come quello vissuto negli ultimi anni. Per lei l’amico Enzo Jannacci aveva dedicato una bellissima canzone all’interno di un album in cui Milva aveva inciso solo brani suoi, che la definiva: La rossa. Sia per quei capelli splendenti di rosso che sempre l’avevano caratterizzata, ma anche per la sua appartenenza politica, sempre schierata a sinistra. Pubblicato nel 1980, la canzone era incredibilmente profetica:



La primavera ormai è passata…

La pioggia quando viene è andata…

Povera rossa fingi l’allegria

Nel disco di dieci anni fa

Si ma una mattina che pioveva…

Una mattina che pioveva…

(…)

Sparivano microfoni e lustrini

La rossa comincio’ a cantar

Sparivano microfoni e lustrini

Quando la rossa comincio’ a cantar



Poi lei si lascio’ impallidire

E poi le venne da morire

E poi fu come andare in fondo al mare

Finche’ l’applauso fini’

E poi fu come andare in fondo al mare

Finche’ l’applauso svanì

La primavera è anche passata

La pioggia guarda strano si è fermata

Mia bella rossa dammi l’allegria

Del disco di dieci anni fa

Dalle balere ai palcoscenici di tutto il mondo, Milva ha incarnato una stagione unica della canzone italiana, a fianco di mostri sacri come Mina e Ornella Vanoni, ma più appartata, più schiva. La “pantera di Goro” la chiamavano, per quell’attitudine canora potente e coraggiosa, dal suo paesino in provincia di Ferrara da cui proveniva. Non ha mai vinto un Festival di Sanremo benché insieme a Toto Cotugno e Peppino di Capri sia l’artista che vanta più partecipazioni, 14, ma comunque quello non era il suo mondo. I suo era quello del teatro Piccolo di Streheler, dove cantava le canzoni della Resistenza e di Bertolt Brecht (un suo disco in italiano venne addirittura pubblicato in Germania, tanto era amata all’estero). Cresciuta nella povertà estrema tanto da non potersi permettere neanche la scuola, sarà sempre affamata di arte, cultura e politica: “Il cento per cento di quello che so, l’ho imparato da Strehler. È riuscito a tirar fuori da me il meglio, senza mai impormi nulla. La sua grandezza era la sua umiltà” dirà. Attraversò negli anni 60 una stagione esaltante della Milano del dopoguerra che nelle arti e nella politica, nell’impegno verso gli ultimi ne fece un centro di attrazione internazionale. Negli anni 80 le collaborazioni coraggiose con Franco Battiato, il disgusto della sua appartenenza politica di sempre (“L’avvento di Craxi ha portato alla distruzione del partito socialista e tutti noi che eravamo socialisti, ad esempio Strehler, abbiamo deciso di votare Pci”).



La sofferenza che le si fa addosso come un cane rabbioso: matrimoni sbagliati, relazioni sanguinanti, come quella con il suo terzo compagno, l’attore Flavio Pistilli che causa depressione si suicida nel 1996, lasciando anche lei in preda alla malattia mentale.

Con Milva la grande stagione delle stupende cantanti italiane si avvia presto alla fine, non avranno eredi. Erano tempi unici, erano donne uniche.