LA PROCURA CHIEDE 10 ANNI E 5 MESI DI RECLUSIONE PER MIMMO LUCANO

Dopo una lunga requisitoria dei procuratori generali di Reggio Calabria, all’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stata richiesta la condanna in Appello di 10 anni e 5 mesi di reclusione all’interno del processo “Xenia” che lo vede imputato dopo la condanna in primo grado. Lucano, lo ricordiamo, è il principale imputato a processo per la gestione dei progetti di accoglienza dei migranti all’interno del piccole comune calabro: lo scorso 30 settembre 2021 dopo il primo processo venne condannato a 13 anni e due mesi per «aver strumentalizzato il sistema dell’accoglienza a beneficio della sua immagine politica».



Secondo i giudici del Tribunale di Locri – come riportato nelle motivazioni della sentenza emerse il 18 dicembre 2021 – Mimmo Lucano dietro al sistema di accoglienza e solidarietà a Riace in realtà “celava” un’associazione a delinquere «responsabile di abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Sempre secondo le motivazioni della sentenza di primo grado, i giudici di Locri ritenevano l’organizzazione di Mimmo Lucano come «tutt’altro che rudimentale», che rispettava regole precise e che veniva gestita dall’ex sindaco «per poter conseguire illeciti profitti, attraverso i sofisticati meccanismi, collaudati negli anni e che ciascuno eseguiva fornendogli in cambio sostegno elettorale». Nel processo in corso di secondo grado presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria nella giornata del 26 ottobre i giudici accusatori hanno apportato una «rideterminazione della pena cosmetica che in nulla modifica il quadro accusatorio». Si passa dai 13 anni di condanna comminata a Mimmo Lucano in primo grado ai 10 anni e 5 mesi in Appello: resta però l’assunto di base, ovvero che quel sistema di Riace non fosse mera accoglienza ma fosse invece un «sistema criminale a delinquere e come tale da perseguire».



L’EX SINDACO DI RIACE MIMMO LUCANO CON PENA RIDOTTA (FORSE) IN APPELLO

Con Mimmo Lucano non presente oggi in Aula, i sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari hanno ribadito l’assunto della presunta colpevolezza in risposta alla presentazione di nuove prove della Difesa, definita dagli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia. Il ricorso di Mimmo Lucano contro le motivazioni della prima sentenza verteva su un punto nodale: «in quella sentenza v’era una ricostruzione della realtà macroscopicamente deforme rispetto a quanto emerso in udienza», ma soprattutto sarebbe stata viziata da un approccio «aspro, polemico, al limite dell’insulto e dalla preoccupazione di trovare Mimmo Lucano colpevole ad ogni costo».

Sottoposto prima ai domiciliari e poi al divieto di dimora, Mimmo Lucano è attualmente residente a Riace ed è ancora sotto processo per i reati di associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abusi d’ufficio: rispetto però alla sentenza di primo grado, al termine della requisitoria i sostituti procuratori generali hanno rilevato come vi sia già la prescrizione per i due presunti abusi d’ufficio. Si tratta dell’accusa per la mancata riscossione da parte del Comune dei diritti per il rilascio delle carte di identità ma anche l’altra accusa di abuso d’ufficio per l’affidamento della raccolta dei rifiuti a due cooperative. Come segnala “Il Fatto Quotidiano”, è invece stata chiesta l’assoluzione per una parte del reato di truffa contestato a Mimmo Lucano. La diminuzione della richiesta di condanna va dunque ascritta a tutti questi motivi e al fatto di aver riconosciuto «l’unificazione di tutti reati con il vincolo della continuazione». Al termine dell’udienza in Aula a Reggio Calabria, gli avvocati Daqua e Pisapia fanno sapere ai giornalisti «È stata una requisitoria serena, pacata – ha affermato l’ex sindaco di Milano – In parte i sostituti procuratori generali hanno condiviso quanto è stato sollevato da noi come difesa di Mimmo Lucano in contrasto con la sentenza di primo grado. Su altri punti non condividiamo sia le richieste di condanna che le motivazioni. Adesso iniziano le difese e noi confidiamo in una sentenza positiva».