La condanna a 13 anni e due mesi inflitta dal Tribunale di Locri a Mimmo Lucano divide l’Italia. A far discutere, ad esempio, il fatto che il giudice ha raddoppiato la pena rispetto alle richieste del pm. Ma sono 19 i capi di imputazione per i quali l’ex sindaco di Riace è stato ritenuto colpevole nel processo “Xenia”, che si è concluso in primo grado. Il presidente del Tribunale, Fulvio Accurso, dopo tre giorni di camera di consiglio, lo ha condannato per tutti quei reati che riguardano la gestione del denaro pubblico. Mimmo Lucano è stato invece assolto dall’accusa di concussione, tre truffe aggravate, un peculato e due falsi. In particolare, è stato ritenuto innocente per la vicenda dei cosiddetti matrimoni “di comodo” e non ha commesso il reato di aver favorito l’immigrazione clandestina.
Dunque, perché Mimmo Lucano è stato condannato? Per i giudici dietro quel “modello di Riace” c’era un’associazione a delinquere di cui Mimmo Lucano sarebbe stato il promotore. Dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza è emerso che questo sodalizio, di cui lui era il “dominus”, aveva l’obiettivo di «un numero indeterminato di delitti contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio».
MIMMO LUCANO: ANCHE TRUFFE E PECULATO
Si parla di «indebite rendicontazioni al Servizio centrale dello Sprar e alla Prefettura» attraverso le quali Mimmo Lucano «in qualità di pubblico ufficiale», e in concorso con i presidenti degli enti che gestivano i progetti Sprar e Cas, avrebbe procurato «un ingiusto vantaggio patrimoniale pari a 2 milioni e 300 mila euro» alle associazioni che si occupavano dell’assistenza ai migranti. Da qui l’accusa di abuso d’ufficio che poi è stata riqualificata in truffa aggravata, reato che per i giudici l’ex sindaco di Riace avrebbe commesso nove volte dal 2014 al 2016. Ad esempio, quando avrebbe rendicontato le derrate alimentari destinate ai minori stranieri non accompagnati, usate invece «per fini privati», ma anche quando doveva certificare le schede carburante dell’associazione “Città futura” e le prestazioni di “Welcome”. Ma è stato condannato anche per peculato: avrebbe speso 251mila euro per acquistare arredi e ristrutturare tre case e un frantoio con soldi pubblici che erano destinati invece all’accoglienza dei rifugiati.
“SOLDI DISTRATTI IN MODO SISTEMATICO”
Le motivazioni della sentenza di condanna di Mimmo Lucano saranno disponibili entro 90 giorni ma, come riporta il Fatto Quotidiano, per il Tribunale di Locri quei soldi sarebbero stati distratti «in modo sistematico». Come i 531mila euro prelevati in contanti, senza alcuna giustificazione, dai conti correnti delle associazioni. Quei soldi sarebbero stati usati anche per un viaggio in Argentina e per finanziare i centri estivi a Riace. Inoltre, è stato condannato per una falsa certificazione rilasciata alla Siae, ma non è neppure l’unico falso. Ce n’è un altro, relativo al rilascio di una carta di identità ad un migrante, e uno sulla certificazione dei controlli relativi ai rendiconti di spesa delle associazioni. Nella condanna – spiega il Fatto Quotidiano – rientrano anche due abusi d’ufficio: non faceva riscuotere all’ufficio anagrafe i diritti per il rilascio delle carte di identità e aveva affidato la raccolta dei rifiuti a due cooperative che usavano gli asinelli ma che non erano iscritte all’albo regionale.