Alla fine, dispiace ammetterlo, anche Mina Settembre 2 – la serie tv in corso su Rai 1 la domenica sera – è stata risucchiata in quel vortice di luoghi comuni alla cui origine c’è un’idea distorta e controproducente di Napoli. Tutto nasce da Un Posto al Sole, che in oltre trent’anni di onorata attività ha trasformato ogni tentativo di raccontare la città in un ammasso di ovvietà, che molto ha a che vedere con quella filosofia fatalista e indulgente rispetto allo stato non positivo delle cose, così diffusa in molti ambienti culturali napoletani (“viviamo così bene e non si capisce perché dovremmo cambiare”).
Mina Settembre 2, la seconda stagione della fortunata serie tv che lo scorso anno regalò in piena pandemia un grande successo di pubblico e di critica alla protagonista Serena Rossi, questa volta sembra costruita, come capita spesso quando si tenta di spingere oltre ogni limite una storia che era già bella e conclusa, su una trama senza senso.
Siamo giunti ormai al quarto episodio di Mina Settembre 2 e la vita di Mina è onestamente rientrata nei parametri di un’esistenza tipica di una giovane della Napoli agiata e votata sostanzialmente alla ricerca della normalità: ha fatto pace con il fascinoso marito magistrato, ha fatto pace con la sua migliore amica, che aveva una storia con il padre defunto, da cui era nato un figlio/fratello all’insaputa di tutti, ha conservato un buon rapporto con Domenico, il ginecologo del consultorio, dopo aver archiviato la loro breve e intensa storia d’amore.
L’eccesso di normalità che circonda la vita di Mina Settembre non può ovviamente che spingere la poverina in analisi. Il vecchio professore che l’aveva assistita e curata dopo la morte del padre – figura che ovviamente rimane centrale nella psicologia di Mina – è stato sostituito da una fascinosa dottoressa, che è a sua volta invaghita di Domenico. Siamo già al quarto episodio di Mina Settembre 2, e ancora questo intreccio non si è svelato completamente ai nostri protagonisti. Per cui è facilmente immaginabile che quando Mina Settembre scoprirà la relazione tra il suo ex e la psicologa di fiducia ricadrà nuovamente nella spirale di chi si sente circondata da persone che le mentono e reagirà a modo suo. E in quel momento capirà che la storia sentimentale avuta con il ginecologo non è del tutto finita. Motivo sufficiente per non dover attendere con ansia le prossime puntate.
Quello che però colpisce di questa nuova stagione di Mina Settembre 2 è quanto sia ancora una volta utilizzata da parte degli autori una chiave di lettura “buonista” e “permissiva” delle azioni della nostra assistente sociale quando opera nei vicoli più poveri della città. Tra un tentativo di truffa smascherato ai danni di un gruppo di anziane signore e la partecipazione a un’occupazione abusiva – “a fin di bene” – di una fabbrica abbandonata (tutte azioni coronate da successo grazie al marito magistrato e al pronto intervento delle forze dell’ordine), Mina Settembre sembra una specie di angelo custode pronto a giustificare tutto ciò che accade, basta dire che “è bene quello che finisce bene”. Intorno, sullo sfondo, una Napoli che non esiste dove i servizi pubblici funzionano, si circola senza mai incontrare un po’ di traffico, si sale su autobus pulitissimi e dove c’è posto per tutti, e dove i comuni cittadini possono contare su interventi immediati delle autorità locali.
Dunque – in soldoni – la serie tv Mina Settembre 2 è vittima dell’eccesso di finzione, ed è un peccato soprattutto per lo sforzo che anche stavolta fa Serena Rossi a tenere in piedi il racconto con un’efficace interpretazione, così come non sono sufficienti gli stessi contributi di importanti attori napoletani, a cominciare dalla new entry Marisa Laurito, nei panni di zia Rosa, donna tutta cucina e lavori domestici, da Massimo Wertmüller che interpreta il noioso generale Gagliardi e dalla madre di Mina, Olga, nel cui ruolo ritroviamo Marina Confalone.
Un’occasione persa per Mina Settembre 2, dunque, persa nel senso che chi dirige la Rai dovrebbe avere più coraggio nel non abusare di ogni successo, trascinandolo oltre ogni limite, pur di estirpare fino all’ultima goccia di audience.
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