Due preti calabresi sarebbero coinvolti in una torbida storia di tentata estorsione che si inserisce sullo sfondo della ‘ndrangheta (con il coinvolgimento del clan Mancuso) e che vede coinvolta anche una giovane donna destinataria di migliaia di messaggi a sfondo sessuale. Non è la trama di un film ma la storia che ci viene raccontata da Fabio Amendolara per “la Verità” e che partirebbe da un debito non onorato. Sulla vicenda indaga la Procura antimafia di Catanzaro che porta a posare l’attenzione su don Graziano Maccarone, 41enne e segretario particolare del vescovo di Mileto, e don Nicola De Luca, prete 40enne e reggente della Chiesa Madonna del Rosario di Tropea. Da un’informativa dell’inchiesta con le prove della presunta estorsione, tuttavia, sarebbe saltato fuori molto di più, a partire da circa 3000 messaggi hot inviati da don Graziano alla figlia disabile della vittima, una donna di 31 anni, della quale si era fatto inviare da alcuni conoscenti anche degli indumenti, invitandola anche ad un incontro in albergo a Pizzo Calabro. Tutto venne a galla dopo la scoperta di alcune foto da parte del padre della 31enne, che decise così di rivolgersi ai magistrati. Ad intervenire, nel ruolo di mediatore, fu il secondo sacerdote protagonista della vicenda, don Nicola.



MINACCE E MESSAGGI HOT A FIGLIA DEBITORE: 2 PRETI NEI GUAI

La procura avrebbe contato almeno 3000 messaggi a sfondo sessuale che il prete avrebbe inviato alla 31enne ma che poi sarebbero stati cancellati. Secondo il padre della vittima, ciò sarebbe accaduto in quanto la figlia “era terrorizzata dalle continue minacce di ritorsioni proferite da don Graziano, con espliciti riferimenti a suoi parenti provenienti da San Calogero e da Nicotera, dotati di bazooka”. I due sacerdoti sono stati rinviati a giudizio. In particolare Don Maccarone dovrà rispondere dell’accusa di aver inviato in due mesi migliaia di sms a sfondo sessuale alla disabile, figlia del debitore. Secondo l’accusa, inoltre, i due sacerdoti avrebbero costretto con la violenza e le minacce una persona del Vibonese alla quale avevano fatto un prestito a restituire loro 9000 euro. Debito contratto dalla vittima, dalla figlia disabile e da una terza persona. In seguito, don Maccarone avrebbe iniziato a inviare messaggi hot alla 31enne ma dopo la scoperta del padre avrebbe cambiato atteggiamento chiedendo la restituzione immediata del denaro, il tutto condito da minacce pesantissime. Secondo quanto appurato dalla procura, il don sarebbe legato al boss Pantaleone Mancuso detto Scarpuni. Eppure dalla diocesi sarebbe giunta la difesa dei due preti che avrebbe parlato addirittura di una macchinazione “finalizzata chiaramente a trovare una scusa per non restituire il denaro”, puntando il dito contro il padre della disabile. “È grave e immorale da parte di un padre giocare con la onorabilità di una figlia per soldi”, avrebbe aggiunto la curia, in attesa del processo con l’udienza preliminare fissata al 3 ottobre.

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