Il processo di transizione green iniziato dall’Europa e da buona parte del mondo punta sempre più su quelli definiti minerali critici. Si tratta concretamente di litio, cobalto, silicio, antimonio, berillio e titanio, tra gli altri, indispensabili per la stessa conversione alle energie rinnovabili, ma anche a parte delle produzioni militari per la difesa e per le tecnologie più avanzate. Materiali, insomma, attorno a cui si gioca la stessa partita green che l’Europa sembra intenzionata a vincere.



E proprio attorno ai minerali critici ruota anche una proposta della Commissione Europea nominata Critical Raw Materials Act. L’obiettivo è quello di ridurre al limite, a livello europeo, la dipendenza dei paesi dagli altri stati per l’approvvigionamento di questi particolari materiali. La proposta sarà discussa il 14 marzo e fino a quel momento potrebbe essere soggetta a qualsiasi cambiamento, ma dalla bozza emerge già un disegno generale. Secondo l’idea di Bruxelles entro il 2030 l’Unione dovrà provvedere internamente almeno al 10% delle estrazioni di minerali critici, mentre il 15% dovrà arrivare dal riciclo. Complessivamente, invece, si impone anche un limite minimo del 40% per quanto riguarda la raffinazione degli stessi minerali.



Minerali critici: la difficile battaglia per riaprire le miniere

Insomma, presentato in questi termini il piano per i minerali critici proposto dall’Unione Europea sembra essere positivo, limitando quella che è a tutti gli effetti una dipendenza simile a quella che l’UE aveva con la Russia per gas ed energia. I paesi europei, infatti, ricorrono alle forniture di altri stati per una buona metà dei materiali necessari, e il 60% della produzione globale di questi dipende dalla Cina (che detiene anche l’80% del mercato della raffinazione a livello mondiale).

Tuttavia, l’estrazione e la lavorazione dei minerali critici, come suggerisce il loro stesso nome, dipende dalla costruzione delle miniere, grande nemico giurato del mondo ambientalista. Le miniere, infatti, in ogni loro forma non possono che produrre inquinamento, e i processi di raffinazione sono tra i più inquinanti conosciuti. Non a caso le opposizioni degli ambientalisti sono state parecchie, anche prima che il mondo prendesse la sua svolta green. In Serbia, per esempio, solamente a gennaio è stato bloccato un progetto per l’estrazione del litio, tra i minerali critici più importanti. Similmente, anche in Portogallo il progetto per una miniera a cielo aperto ben più importante rischia di tracollare, e in Svezia sono le materie rare a scatenare l’opposizione. Una guerra difficile, oltre che lunga, considerando che per aprire una nuova miniera servono almeno 10 anni di lavori.