Negli ultimi anni assistiamo a un forte aumento dell’attenzione a livello globale sui temi ESG (Environment, Social, Governance) e sul ruolo che la finanza sostenibile ricopre nel sostegno a modelli di sviluppo economici che siano effettivamente tali. Nel quadro normativo che si sta delineando è sempre più chiaro il ruolo centrale della finanza come punto focale per accompagnare una transizione verso lo sviluppo sostenibile da una prospettiva economica e sociale.
All’interno di questa trasformazione, infatti, le banche sono chiamate a svolgere una funzione centrale e di fondamentale importanza. Non possono più limitarsi a proporre ai mercati prodotti finanziari dichiarati “sostenibili” o “ESG”, ma devono allocare il capitale verso attività economiche e produttive capaci di generare impatti positivi sulla società e, al contempo, devono essere in grado di offrire prodotti e servizi capaci di aiutare la clientela ad affrontare il periodo di transizione dimostrando che tutto ciò è vero.
In un futuro, che per gli istituti bancari più rilevanti è già iniziato, si dovranno riportare informazioni quantitative sulle attività legate a ESG. Questo potrà generare una forte richiesta di dati e informazioni sulla sostenibilità anche a quegli operatori per i quali non esiste ancora specifico obbligo di rendicontazione. In questo processo le PMI devono essere coinvolte in modo inclusivo in quanto rappresentano una parte importante dell’economia. Esse stesse si trovano in prima linea nell’affrontare i rischi e le opportunità legati alla sostenibilità e, costituendo l’asse portante della nostra economia, hanno già un impatto rilevante sulla società e sull’ambiente in cui operano.
Molte PMI di fatto stanno già affrontando crescenti richieste di informazioni sulle proprie iniziative in tema di sostenibilità, in genere da banche che prestano loro denaro e da grandi aziende che costituiscono i loro principali clienti. È probabile che la transizione verso un’economia sostenibile significhi che la raccolta e la condivisione di informazioni sulla sostenibilità diventino una pratica di trasparenza comune per le aziende di tutte le dimensioni, non solo quindi quelle che superano una certa soglia dimensionale, come già previsto dalla recente bozza di direttiva europea (la c.d. CSRD – Corporate Sustainability Reporting Directive).
Sarà quindi fondamentale per la crescita del Paese accompagnare le PMI in questo percorso, così com’è fondamentale che siano disegnate delle regole comuni per poter fare le giuste analisi e considerazioni per tutti gli stakeholder. Anche in questo la regolamentazione europea ha avviato il proprio percorso (EU Reg 852/2020) che, con la c.d. “tassonomia ambientale”, sta iniziando a porre riferimenti precisi a quando un’attività economica possa essere considerata “green”.
Il percorso è oramai tracciato: dal determinare le tassonomie (seguiranno quella sociale e sulla governance) al fissare gli obblighi di informativa pre-contrattuale all’investitore finale da parte di banche, assicurazioni, gestori patrimoniali e imprese di investimento.
Un ulteriore processo normativo volto a promuovere la sostenibilità e incrementare l’afflusso di risorse private a essa destinate è in atto sempre a livello europeo. In tale contesto, l’EBA lo scorso 19 giugno ha pubblicato le Linee Guida per l’erogazione e il monitoraggio dei finanziamenti che sostituiranno quelle del 2015 con una sezione interamente dedicata ai fattori ESG, introducendo il concetto di “green lending”. L’EBA chiede in pratica agli intermediari di concedere finanziamenti a condizioni favorevoli qualora vengano raggiunti determinati obiettivi di sostenibilità, integrando policy e procedure di rischio creditizio in essere con i parametri ESG.
D’altra parte il mercato si sta già muovendo in questa direzione: infatti, dallo studio “2022 – The growth opportunity of the century” redatto da PwC emerge che oltre il 75% degli investitori istituzionali europei intende interrompere l’acquisto di prodotti finanziari non ESG entro i prossimi due anni; e il 72% dei fondi di Private Equity nello studio “Private equity’s ESG journey” dichiara di valutare i rischi ESG nella fase di “due diligence” delle aziende target.
Da qui partono le sfide per il futuro e rendicontare la sostenibilità è una leva di crescita per le PMI. Questo per accedere più facilmente a prestiti e finanziamenti, ma anche per individuare e misurare quelle dinamiche che permettono loro di stare sul mercato, estraendone flussi di cassa, e adottando comportamenti virtuosi che possono massimizzare profitti e impatti positivi.
Le banche e gli investitori possono essere per le PMI degli importanti facilitatori: promuovendo l’adozione di strumenti di rendicontazione socio-ambientale, portano questi temi all’attenzione di realtà che spesso, per loro natura, sono già allineate a obiettivi di sostenibilità, ma che non sono portate a esplicitare il proprio impegno e le proprie performance. Mostrando i vantaggi connessi all’uso di questi strumenti, le aiutano inoltre a prepararsi alla transizione, che nel giro di pochi anni renderà la misurazione e la valutazione degli impatti un requisito essenziale per tutte le aziende.
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