Tanto clamore ha suscitato la notizia della facoltà concessa al Governo di ricorrere all’emissione di titoli di Stato di taglio pari a quello delle banconote, finalizzata all’estinzione dei debiti fiscali con le imprese. L’intento sarebbe quello di integrare le banconote esistenti sul mercato, consentendo immediatamente la spendita del credito qualora la collettività accettasse detti titoli in luogo o accanto alle banconote in euro.



Così posta la questione, una volta che i titoli arrivano a scadenza, gli stessi potrebbero continuare a circolare, ma avrebbero il solo effetto di ridurre parzialmente il costo del debito pubblico, in quanto portano a zero il tasso di interesse perché sono debiti scaduti; occorrerebbe, perciò, abolire il decorso della prescrizione ovvero allungarne i tempi, evidenziandola in modo chiaro sul titolo per evitare la disaffezione ai titoli stessi.



Non hanno senso, quindi, tutti gli allarmismi o le aspettative, sia positive che negative. L’effetto sarebbe alquanto marginale, anche se tutti i crediti di imposta venissero pagati con questi titoli; in questo caso, chi volesse anticiparne la disponibilità sarebbe assoggettato alle quotazioni di mercato e, perciò, sconterebbe le fluttuazioni delle quotazioni stesse, almeno fino alla loro scadenza.
Né è possibile collegare alla loro emissione un aumento dell’ammontare del debito pubblico, perché ad essi corrisponde una riduzione di pari ammontare dei crediti di privati e di imprese per imposte pagate in più o per altri motivi che li conducano alla conversione in mini-titoli di Stato.



Ciononostante, l’ignoranza palesata dagli addetti ai lavori sul tema aveva già indotto il ministro Tria a fornire rassicurazioni con una nota nella quale precisava che non c’era necessità, né che allo studio ci fossero misure di finanziamento con titoli di Stato di piccolo taglio per far fronte ai pagamenti del Tesoro, visto che, peraltro, erano state pagate nel 2018 mediamente con un giorno di anticipo milioni di fatture.

In effetti, a portare fuori strada gli analisti potrebbe essere stato uno dei più convinti assertori dell’uscita dell’Italia dall’euro, Claudio Borghi, il quale, prima delle consultazioni elettorali dello scorso anno, nel 2017, aveva motivato la volontà di emettere il debito pubblico in mini-Bot proprio per togliere l’Italia dal ricatto a cui era stata sottoposta la Grecia, decretandone la “morte economica”.

Non è escluso che l’intendimento di Borghi sia quello, ma tecnicamente è solo quello e non è criticabile, anzi dovrebbe essere ben visto: in caso di ricatto, infatti, non sarebbe possibile crocifiggere gli italiani. Assurdo sarebbe ricercare in tale tipo di emissioni uno strumento per uscire da questa Europa, che si caratterizza per avere attuato, in ogni atto deliberato, discriminazioni su discriminazioni. La ricerca spasmodica di un cavillo giuridico per contrastare i mini-Bot non fa che confermare la condotta repressiva esercitata sull’Italia, proprio perché la Commissione europea non riesce a capacitarsi come faccia il nostro Paese a non essere stato ancora distrutto dopo le “cure” di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, il quale aveva accompagnato gli interventi con copiosi regali ai cugini francesi in termini di cessioni gratuite di territori, e come faccia l’Italia a conseguire nuovi risultati positivi dal semplice blocco dell’immigrazione e dall’apertura pensionistica, peraltro graduale, non essendosi ancora potuti dispiegare effetti dal pur criticato reddito di cittadinanza. Allora, meglio punire direttamente l’Italia, tanto ci sono i soliti idioti che, anziché far fronte comune contro i criminali, continueranno a osannarli.

È ovvio che, se l’Italia si limita all’emissione dei mini-Bot, non riusciremo a fare molti passi avanti. Dobbiamo riflettere sui nostri punti di forza per consolidarli e sui punti di debolezza per correggerli, non per abolirli, affinché “non si getti il bambino assieme all’acqua sporca”.

C’è un altro Paese nel mondo simile al nostro ed è il Giappone. E’ caratterizzato da una popolazione parsimoniosa, risparmiatrice e con spiccata originalità e genialità individuale. Ma nel momento in cui si verifica un attacco esterno l’azione individuale si comporta come le dita di una mano: si piegano e si trasformano in un tutt’uno, in un pugno, dove anche i “mignoli” assumono la forza delle più forti e tutte insieme sono ancora più potenti. Noi dovremmo seguire l’esempio e smettere di discutere su un provvedimento, i mini-Bot, peraltro votato all’unanimità. Anzi, questa potrebbe essere l’occasione propizia per agire congiuntamente, serrando i ranghi e mettendo a disposizione dell’Italia, di questa Europa e del mondo la nostra genialità: porre al centro dell’economia la nOmismatica.

Ne avevo già accennato alla fine dello scorso anno. Occorre costituire associazioni possibilmente territoriali (sia per valorizzare le aree, sia per disporre di dati statistici dettagliati necessari ad assicurare uno sviluppo armonico), i cui aderenti accettino di scambiarsi beni e servizi con una moneta territoriale. Ho trovato un’associazione che si è innamorata del progetto e ha già avviato una campagna di adesioni a livello nazionale. Gli scambi saranno avviati quando si raggiungerà una sufficiente massa critica di imprese aderenti che possano soddisfare, a prezzi scontati, i bisogni dei soci. Le aree territoriali che raggiungeranno detta autonomia, pur continuando ad avere assistenza dall’associazione madre, che sarà responsabile della raccolta dei dati statistici, agiranno con propria indipendenza. Chiaramente la forza espansiva e la crescita armonica sono tutte concentrate nella capacità di analisi dei dati statistici e negli indirizzi a essi conseguenti.

I partiti politici dovrebbero pubblicizzare tra i propri aderenti questo progetto associativo, anzi dovrebbero distinguersi nell’essere i più bravi, perché se le associazioni riuscissero a coprire l’Italia intera, attraverso una convenzione tra il Tesoro e l’associazione madre, il debito pubblico cartolarizzato territorialmente in mini-titoli e non in mini-Bot, sarebbe veramente quello strumento capace di ridurre il debito dello Stato, il suo costo e pure la pressione fiscale.

Il sistema di rilevazione statistica, della sua analisi e degli interventi per accelerare lo sviluppo sono già pronti. Manca solo la pubblicizzazione e i frutti del gioiello saranno visibili anche nel fare il bene, piuttosto che far da cavie per i vaccini, per la sperimentazione del 5G, per l’immigrazione.

La costituzione di un’associazione può avvenire anche autonomamente, ma nonostante il mio impegno mi sono poi ritrovato a costituire un’associazione di promozione umana che non consente di migliorare le condizioni economiche di tutti i soci indipendentemente dalla loro condizione. Ho perciò preferito collaborare con un’associazione già costituita. Ora spetta ai lettori fare da cassa di risonanza, perché siamo a giugno e tutto fa presagire che in Italia si stia preparando l’avvento di un governo tecnico. Le elezioni si faranno solo se i sovranisti verranno screditati; cosa possibile, perché fra gli stessi si annidano falsi sovranisti.

Per il governo tecnico la recente esperienza ci dice che i tecnici non ci sono: gli studiosi di economia non hanno approfondito lo studio della moneta nella sua parte scientifica, la nOmismatica, con la “O” maiuscola come scrive Giovanni Lazzaretti. Al contrario, qualcuno ritiene che l’Italia si stia preparando a una forma di ristrutturazione del debito e che la Bce ci avrebbe salvato con il Quantitative easing, quando questo strumento è servito a salvare l’euro e soprattutto a trasferire in sordina fior di miliardi nei Paesi che ci additano come appestati.

Emettere moneta a debito è come dare a un malato un palliativo, cioè si rimette in circolo la quantità di sangue necessaria a sopravvivere, ma se ne chiede indietro una quantità notevolmente maggiore, tale da rendere esangui. Proprio questo la Bce ha fatto all’Italia, chiedendo alla stessa quello che invece ha regalato ai cosiddetti Paesi “no Pigs” (per approfondimenti rinvio al mio articolo sul Quantitative easing). L’Italia è il Paese che può trainare l’Europa; la Germania e gli altri Stati europei hanno salvato alcune delle loro banche drogate di derivati grazie alle svendite consentite dai complici che inneggiano a soluzioni non soluzioni. Se l’Italia paga lo spread, gli altri Paesi lo incassano. Sono loro che sono salvati dalla Bce, non l’Italia! Figuriamoci se Weidmann e soci, se non avessero guadagnato miliardi e miliardi, avrebbero cambiato idea sul Quantitative easing.

Chi mi segue sa che la soluzione l’avevo già indicata e deve essere resa solo operativa; essa è come una cassetta di pronto soccorso e agisce attraverso un sistema associativo collegato. Archimede di fronte alla leva esclamò: datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo. Con la cassetta di pronto soccorso dico: datemi l’accesso ai mezzi di divulgazione televisiva e avremo finalmente di nuovo fiducia sull’avvenire dell’Italia. Solo abbinando la cassetta di pronto soccorso ai mini-Bot si potrebbe ricavare un grande vantaggio da tali titoli. Che Borghi lo sappia? Ho i miei dubbi. Finora nemmeno con loro ho avuto l’opportunità di parlare della nuova medicina adatta all’economia italiana. Brutta professione, la politica!