La nuova riforma fiscale introduce la mini Ires dal 2023 in poi, soprattutto per agevolare quelle imprese che vorrebbero assumere nuovo personale, ma a causa della tassazione piuttosto elevata, si trovano costrette a limitare le assunzioni.
Con il trascorrere del tempo la riforma fiscale inizia ad assumere un aspetto molto più roseo e prosperoso. I primi cambiamenti hanno avvantaggiato i lavoratori autonomi, che non dovranno più anticipare le tasse di novembre. Quanto alle imprese odierne, avranno modo di assumere in modo più agevolato.
Mini Ires 2023: la nuova misura per incentivare le assunzioni
La mini Ires 2023 è la misura che il Governo sta attuando per poter incentivare le assunzioni, dato che in Italia vige il precariato. Le imprese potranno vedersi le imposte ridotte con attenzione particolare alle donne, ai giovani oppure agli ex beneficiari del sussidio del M5S (Reddito di Cittadinanza).
La riduzione delle tasse riguarda l’Imposta sul reddito delle società, che sarà ridotta dal 24% al 15% con finalità relativa alle assunzioni. Per comprendere in che modo questa misura aiuterà le aziende ad assumere, dovrebbero partire dal concetto teorico.
L’acronimo dell’Ires sta per “Imposta sul Reddito della Società“. Come si può intuire dal nome stesso, le imprese sono soggette al pagamento delle tasse, quest’ultima nello specifico, andrà conteggiata sia in caso di perdite che di profitti.
La sua introduzione vede luogo per la prima volta, il 1° gennaio del 2004, dove inizialmente il nome stava per Irpeg (Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche). Successivamente, trasformazioni alterate a parte, gli è stato attribuito il nome Ires, pensato per armonizzare il sistema fiscale internazionale.
Un adeguamento pensato per essere paragonato ai modelli predominanti nei Paesi appartenenti all’Unione Europea.
Imposizione minima globale dedicata alle multinazionali
L’introduzione di una imposizione minima globale per i colossi multinazionali, è quasi d’obbligo. Ogni anno – soprattutto le aziende hi tech – eludono il fisco, arrecando dei danni economici non indifferenti.
Tale misura prevede un’entrata fiscale che ammonta a circa 2 miliardi di euro.