Che il 7 ottobre tra i terroristi di Hamas che hanno rapito gli ostaggi israeliani ci fossero anche dei dipendenti Unrwa, l’agenzia ONU per i diritti dei rifugiati palestinesi a Gaza, è ormai un fatto ben più che assodato. I terroristi, infatti, all’interno della stretta Striscia di Gaza erano riusciti ad infiltrarsi in ogni istituzione, da quelle politiche, fino a quelle umanitarie, diffondendo il loro odio antisionista e plagiando migliaia di persone.



Non a caso, solo recentemente, i sistemi di sorveglianza israeliani hanno rivisto le stime dei dipendenti Unrwa che collaborano con Hamas. A riportarlo è la tv di stato israeliana Kan, citata dalla Stampa, secondo la quale su 12mila dipendenti dell’ONU a Gaza, “440 sono attivi nell’ala militare” dei terroristi palestinesi, più alti 2mila che ricoprono posizioni non strettamente militare, senza considerare che 7mila dipendenti Unrwa hanno anche un parente di primo grado che, pur non avendo intrecci con Hamas, li ha con i movimenti jihadisti islamici che si trovano sempre all’interno della Striscia.



La madre dell’ostaggio di Hamas: “Rapito da un assistente sociale Unrwa”

Sono, inoltre, parecchi i video raccolti dall’esercito di Israele che mostrerebbero chiaramente, riconoscendoli grazie alla cosiddetta Visual Intelligence, i membri dell’Unrwa che, al fianco di Hamas e jihadisti, hanno contribuito attivamente ai rapimenti del 7 ottobre. Tra questi, venerdì la Difesa di Tel Aviv ha reso noto il nome di Faisal Ali Musalam Naami, 45enni dipendente ONU ritratto in uno di quei video. In pochi minuti, l’uomo arriva nel kibbutz Beeri e, con un altro uomo, carica su un furgone il corpo inerme (non è chiaro se senza vita) di Yonatan Samerano, 21enne israeliano.



Non si capacita del rapimento da parte di un membro Unrwa che collabora con Hamas Ayelet Samerano, madre di Yonatan, che ne ha parlato con il quotidiano La Stampa. “Quante altre vite sono state distrutte da quest’uomo”, si chiede, distrutta dal dolore, “un assistente sociale e un terrorista insieme, che tira su mio figlio come se non fosse nemmeno un essere umano e lo carica su un mezzo” di proprietà dell’ONU. Yonatan non era armato né in guerra” quando l’Unrwa per contro di Hamas l’ha rapito nel kibbutz. Per Ayelet è assurdo che a compiere il rapimento sia stato proprio “l’assistente sociale di un’organizzazione che afferma di promuovere il bene“, mentre il suo appello è chiaro: se il figlio è morto, almeno le sia restituito il corpo, “trattenuto dall’Onu”.