Tarzan Saiti, il padre di Skender, 14enne morto folgorato nel pomeriggio di venerdì 29 luglio 2022 mentre giocava con suo cugino all’ingresso del condominio di via Regalbuto alla Borghesiana, ha rilasciato un’intervista al quotidiano “Il Messaggero”, per mezzo della quale l’uomo ha chiesto giustizia per suo figlio. Quando Skender ha perso la vita, era con suo cugino e con suo fratello: “È morto davanti agli occhi di mio figlio più piccolo – ha dichiarato il papà della vittima –. Un dramma nel dramma, perché non ha potuto fare nulla per salvarlo. Ma nessuno poteva fare nulla”.



A raccontare al signor Saiti la dinamica dell’incidente è stato il figlio minore: “Stavano passando attraverso il cancello automatico, sono passati lui e il cugino. Poi Skender, che è rimasto folgorato. Non posso credere che si sia trattato di un incidente, di una casualità. O, peggio, del destino. Ho parlato a lungo con mio cugino, che vive appunto in via Ragalbuto. Il sospetto è che a uccidere mio figlio sia stato un filo scoperto della palazzina, crediamo di uno degli appartamenti ai piani superiori. Per questo ora mi aspetto che chi ha delle responsabilità, paghi per quello che è successo a mio figlio. Sapendo che sarebbe potuto accadere a qualunque altro bimbo che frequenta la palazzina”.



“MIO FIGLIO SKENDER, MORTO FOLGORATO MENTRE GIOCAVA”: LA DOLOROSA TESTIMONIANZA DEL PADRE, TARZAN SAITI

I carabinieri, che stanno conducendo le indagini sulla morte del giovanissimo Skender, hanno assicurato alla sua famiglia che non la abbandoneranno e che non lasceranno nulla al caso, ma il signor Saiti, comprensibilmente, non riesce a darsi pace: “Mio figlio è morto, aveva tutta la vita davanti – ha detto su ‘Il Messaggero’ –. Siamo una famiglia molto unita. Ricordo l’ultima conversazione che abbiamo avuto, perché insisteva per andare dal cugino dicendomi che non lo lasciavo mai uscire. Questo perché io e mia moglie seguiamo moltissimo i nostri figli. Con Skender infatti, trascorrevamo il tempo libero insieme. Tutte le domeniche lo portavo con me al campo di golf di Tor Vergata, gli avevo trasmesso la mia passione”.



Da quando Skender è morto folgorato, la sua famiglia non ha più fatto ritorno nella propria abitazione: “Non ce la facciamo ora a rientrare nella casa dove mio figlio è nato e cresciuto. Siamo devastati. Non appena la notizia è arrivata ai suoi compagni di classe, poi, siamo stati travolti dal loro affetto e dai loro messaggi di amicizia. Mio figlio era un ragazzino bravissimo, anche a scuola. Non riesco ad accettare che non ci sia più. Mi sembra di vivere in un incubo e invece so che questa è la realtà, la nuova vita senza di lui. Non so davvero come faremo a superare un momento tanto difficile e doloroso, ma voglio giustizia e voglio sapere cosa è accaduto e perché quel filo lo ha ucciso”.