Tra le tante fatiche che una persona con la sindrome di Down deve affrontare c’è anche l’impossibilità di generare figli. Coloro che abortiscono i bambini colpiti dalla sindrome (sempre di più: in Norvegia il 65 % dei bambini a cui è stata precocemente diagnosticata la sindrome sono stati abortiti; la percentuale sale al 90 % in Gran Bretagna, al 95 % in Spagna e addirittura al 100 % in Islanda) ne saranno piacevolmente contenti, significa non mettere al mondo altre persone con la sindrome. Eppure ci sono le eccezioni, pochissime, ma ci sono, sembra che siano in tre in tutto il mondo le persone colpite da Trisomia 21, in grado di generare. Uno di questi è un siriano, ha sposato una donna non colpita dalla stessa sindrome e ha avuto un figlio, si chiama Sader Issa ed è perfettamente normale (spiace usare questo termine, ma si è obbligati per motivi giornalistici, in realtà chi ha la sindrome di Down è persona normale anche lui, semplicemente diversa dalla norma che ci vuole tutti secondo certi standard). Sader vive con la famiglia nella Siria martirizzata dai lunghi anni di guerra, ad Hamah, studia per diventare dentista. Il padre lavora sei giorni alla settimana in una fabbrica di grano, la madre è casalinga. Sono cristiani: “Studio per diventare dentista, amo gli sport come il nuoto e il body building. Sono un ragazzo decisamente normale che nel tempo libero guarda film e si diverte con gli amici. Vivo in Siria coi miei genitori. Mio padre ha 4 fratelli e 3 sorelle ed è amato e rispettato da tutta la sua famiglia nonostante sia nato con la sindrome di Down. Mia madre e mio padre si sono conosciuti grazie alle rispettive famiglie e credo sia stato amore a prima vista! Lui è stato trattato con rispetto dalla famiglia di mia madre e da tutte le persone che lo conoscono” (da Baby Brain Memoirs) racconta il giovane.
MIO PADRE DOWN
Sader è consapevole di far parte di una famiglia “diversa” ma ne è grato: “Avere un padre con la sindrome di Down ha cambiato le mie relazioni in meglio. Molte persone guardano alla mia famiglia per ciò che mio padre ha conquistato. In quanto figlio cresciuto da un padre con la sindrome di Down, so benissimo quale grande purezza abiti nei loro cuori e tenerezza, ma so anche che hanno delle ambizioni e meritano una vita decorosa. Non meritano di essere abortiti. Ciò che mi rende più orgoglioso di mio padre è che non ha badato a chi gli diceva che ciò che desiderava era impossibile, ma ha lavorato sodo per mantenere la sua famiglia, affinché io potessi andare a scuola e studiare”. Forse non è un caso che una famiglia così arrivi da un paese distrutto dalla guerra. Il loro esempio non è solo l’accettazione del diverso, ma il segno di una speranza grande per a Siria stessa, che possa rinascere per quello che è sempre stata, la terra dell’accoglienza dove popoli e fedi hanno vissuto in pace per secoli.