In questo momento così difficile e contraddittorio, in cui la logica della guerra segna la Palestina, torna di grande attualità un film del 2010, Miral, diretto da Julian Schnabel. Questo film racconta la storia di Hind Husseini e Miral, due donne che dentro il dramma del popolo palestinese testimoniano che la strada della pace è quella dell’educazione e della cultura. È un film realistico, non buonistico, né manicheo, che fa vedere la non facile via della pace: sia Hind Husseini, sia Miral hanno dovuto lottare per prendere la strada che porta ad affermare il valore della persona.
Hind ha una grande sensibilità verso chi ha bisogno e si forma a livello educativo. Quando scoppia la guerra del 1948 tra Israele e la Lega Araba si trova di fronte al dramma dei bambini palestinesi vittime delle diverse stragi compiute dall’esercito israeliano. Lei accoglie 55 orfani vittime della strage che fu compiuta nel villaggio di Deir Yasim e li ospita nel mercato della Città Vecchia a Gerusalemme. Hind Hussein inizia in questo modo e andando contro il parere di tutti l’esperienza della Casa del Bambino arabo a Gerusalemme, dove si occupa dei problemi di sopravvivenza di questi bambini, ma quasi immediatamente insegna a loro a leggere e a scrivere per cui quel luogo di accoglienza diventa una scuola.
Così Hind Hussein diventa nel tempo un punto di riferimento educativo, andrà in Germania a studiare in quanto sentiva il bisogno lei stessa di una conoscenza più approfondita dei metodi educativi. Tornata a Gerusalemme continuò a guidare la scuola per i bambini, si impegnò in diversi istituzioni sociali ed educative e contribuì alla fondazione della Facoltà Universitaria di Lettere femminile. Lei credeva nell’educazione e nella cultura come fattori di riscatto di un popolo e come le basi per costruire una vera pace.
L’intuizione di Hind vale quanto mai per l’oggi, per contrastare la guerra ci vuole l’educazione e la guerra. È una strada lunga, nel momento sembra inefficace, ma solo così si può costruire la pace, agendo sul cuore dell’uomo, toccandolo e cambiandolo.
È nella sua scuola che Miral arriva quando ha 17 anni e incontra Hind Houssein da cui viene colpita. Cresce condividendo i principi del dialogo e della pace, poi però conoscendo dei giovani palestinesi coinvolti nella Prima intifada (1987-1993) ne sente l’attrattiva: la volontà di cambiare tutto subito, di reagire con la violenza alla barbarie degli israeliani la colpiscono fino a portarla a partecipare a quella forma di lotta che era iniziata lanciando i sassi contro i soldati israeliani e che poi era diventata anche lotta con le armi.
Miral vive così un forte scontro interiore: da una parte gli insegnamenti di Hind, dall’altra l’attrattiva della lotta armata. Sono commoventi i dialoghi e gli scontri tra Miral e Hind, segno che costruire la pace non è un meccanismo ma una decisione.
Il periodo delle ultime scene del film è quello degli accordi di Oslo, sembra quindi che inizi una fase nuova nei rapporti tra israeliani e palestinesi. Miral sente sempre più forte la domanda della pace e per lei il rapporto con Hind è decisivo, è nei dialoghi con quella donna ormai anziana ma decisa nell’affermare le ragioni del cuore che lei prende le decisioni sul suo futuro.
Così questo film porta con forza la domanda sulla pace: come costruirla, con che metodo? È una domanda che sfida ogni logica di violenza e apre le porte a un dialogo ininterrotto perché l’essere umano è fatto per la pace dall’origine, non come conseguenza di un processo di accordi, ma come sguardo originario all’altro. E Hind Houssein è testimone di questo sguardo come la stessa Miral diventerà.
“Miral è un fiore rosso che cresce ai lati della strada. Probabilmente ne avrete visti milioni”, scrive il regista sulla sua pellicola all’inizio della storia e quel rosso, che pochi si fermano a guardare, in realtà è la speranza oggi di pace in Palestina. Questo film fa capire l’importanza di ogni esperienza che pur piccola nel tempo costruisce: bisogna saper vedere ciò che porta il metodo della pace con pazienza e incisività ad affermarsi.
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