Alcune persone riferiscono di essere particolarmente infastidite o palesemente intolleranti nel sentire alcuni suoni prodotti da altri individui mentre masticano, deglutiscono, sbadigliano, tossiscono o, semplicemente, annuiscono. L’insofferenza può anche essere scatenata dai suoni generati durante l’utilizzo di determinati oggetti (per esempio, click della penna o del mouse del computer) o rumori provocati mentre si muovono nervosamente le gambe, il tamburellare dei polpastrelli delle dita sul tavolo o il suono che si produce nel chiedere silenzio (a scuola, al cinema, al lavoro, ecc.). A questo singolare tipo di disturbo si è dato il nome di misofonia (termine coniato Pawel e Margaret Jastreboff nel 2000), conosciuto anche come “sindrome da sensibilità selettiva ad uno o più suoni”.



Nella definizione più recente (Consensus Definition of Misophonia – 2022), la misofonia – dal greco μίσος misos “avversione” e φωνή foné “suono” – è un disturbo neurologico che consiste nell’intolleranza ai suoni prodotti da una persona mentre svolge alcune normali attività quotidiane. I suoni che generano il disturbo, definiti “trigger”, possono essere molti, dipende dalla sensibilità e dal valore che rivestono nei diversi individui. Gli stimoli trigger possono essere vissuti come sgraditi o creare risposte emotive, fisiologiche e comportamentali negative che non si manifestano nella maggior parte delle altre persone.



Una volta rilevato il suono trigger, chi è affetto da misofonia può avere difficoltà a distrarsi dallo stimolo stesso con manifestazioni che vanno dal semplice fastidio, facilmente controllato, a comportamenti che possono essere considerati socialmente inappropriati, come coprirsi le orecchie per evitare di sentire il suono che lo disturba, fino a stati d’ansia e atteggiamenti palesemente violenti o autolesionisti. Non di rado vi è compromissione delle attività sociali, scolastiche o lavorative; in casi estremi, il soggetto tende a interrompere i contatti sociali isolandosi nella propria abitazione, non utilizzando i trasporti pubblici, fino all’interruzione dello studio o dell’attività lavorativa.



Le risposte misofoniche non sembrano essere suscitate dal volume degli stimoli uditivi, ma piuttosto dal modello o dal particolare significato che rivestono per l’individuo. L’età di insorgenza di questa condizione non è nota, ma alcune persone riferiscono la comparsa dei sintomi tra i 9 e i 13 anni. La misofonia è più comune tra le ragazze e si manifesta rapidamente con livelli di fastidio diversi tra un individuo e l’altro.

Ancora sono da chiarire le basi neurologiche e i circuiti cerebrali coinvolti nella comparsa dei sintomi anche se si è ipotizzato che il sistema limbico (sistema delle emozioni), così come per gli acufeni, sia pienamente coinvolto nella risposta disreattiva alla percezione di determinati suoni.

La diminuzione della tolleranza a determinati suoni potrebbe essere causata da esperienze negative associate a suoni specifici. La memoria di questi suoni, riconducendo la persona all’esperienza negativa vissuta, scatena il fastidio se non l’aggressività.

A differenza dell’iperacusia (disagio, fastidio o franco dolore nel sentire particolari suoni ad alto volume), la misofonia è specifica per determinati suoni a prescindere dal loro volume e dal contesto in cui vengono generati.

Rispetto alla fonofobia (avversione o fobia verso specifici suoni indipendentemente dalla loro intensità) che rientra nei disturbi fobici e che si associa spesso all’iperacusia e agli acufeni, la misofonia non è determinata da deficit uditivi.

In molti casi è difficile distinguere tra fonofobia, iperacusia e misofonia, per questo è opportuno effettuare una visita specialistica otorinolaringoiatrica o audiologica per la definizione dei sintomi e la conseguente terapia.

La diagnosi è, al momento, esclusivamente clinica e si basa sull’anamnesi, sull’inquadramento audiologico e sulla valutazione dei sintomi. In aiuto possono venire l’utilizzo di questionari (al momento non validati) la maggior parte dei quali di tipo self-report.

L’approccio terapeutico va dalla semplice terapia educazionale (counselling), efficace nei casi di lieve disagio, a forme più complesse di trattamento multidisciplinare che prevedono la terapia dei suoni (sound therapy), terapia cognitivo-comportamentale, EMDR, ipnosi e mindfullness.

La terapia di gestione della misofonia, in relazione all’esperienza clinica dell’Autore, si basa principalmente su interventi cognitivo-comportamentali, counselling, strategie di gestione dell’attenzione, ristrutturazione cognitiva, modelli di gestione dello stress, riduzione del comportamento di evitamento e metodi di rilassamento. Le sedute di ipnosi hanno lo scopo di rimodellare gli stimoli trigger, supportare il controllo emotivo – nonostante la reazione fisica ai trigger – e sopprimere la reazione misofonica.

Attualmente non esiste una terapia farmacologica, ma se è presente un disturbo mentale in comorbilità, il trattamento farmacologico potrebbe anche ridurre la reazione misofonica.

Ausili non farmacologici prevedono l’utilizzo di dispositivi elettronici per l’attenuazione del volume dei trigger e comprendono cuffie per il mascheramento (ad esempio, suoni a banda larga o suoni della natura) e generatori di suono indossabili (simili a quelli utilizzati per gli acufeni). Più efficace potrebbe essere una terapia del suono costruita “su misura” in relazione agli stimoli trigger. Comunque, i risultati provenienti da studi controllati sono limitati.

È fondamentale ricordare che la misofonia non è stata ancora definita come una malattia e non è assegnata a nessun sistema diagnostico ufficiale nelle classificazioni dei disturbi accettate a livello internazionale.

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