Missincat, alias Caterina Barbieri milanese da tempo trapiantata a Berlino, è il tipo di artista che convoglia nel proprio personaggio un gusto tutto particolare sin dal riferimento fantasy del nome d’arte.  Il nome di battesimo diventa un’espediente di scena per andare a collocarsi in un’ideale crocevia tra eroina DC Comics, titolo di film d’azione e archetipo di cantautrice moderna che si identifica in maniera antropomorfica.



Nata ma soprattutto cresciuta nel fertile solco di certe dive pop postmoderne, dove il canto riflette la battaglia con una doppia personalità contesa tra l’apparenza della bambola futurista e la se stessa reale, la Missincat di oggi sembra aver completato il passaggio sull’altra riva del piano esistenziale, identificandosi sempre più in quella Caterina Barbieri che aveva già intrapreso un’importante svolta musicale e canora nel bel “Wirewalker” del 2015.



Il risultato è “10”, che non è il numero di dischi ad oggi pubblicato dalla nostra, ma la durata del suo tragitto da solista da quel 2009 dell’esordio in proprio.  Quarto album in tutto ma primo di canzoni scritte interamente in italiano (l’unico precedente in italiano apparteneva alla sua prima maniera nel duetto con Dente di Càpita targato 2011).  Un disco di nove canzoni, di una bellezza diretta e semplice consona alla espressiva linearità del canto della Barbieri, ma con una ben congegnata dose di spunti e intuizioni suggestive nel rivestimento sonoro.      

Oggi no fa da ideale sigla alla galleria di racconti del disco nel quale la protagonista – nelle sue parole – non scrive in prima persona ma agisce da osservatrice di vite e vicende altrui con la cura e la delicatezza di chi può aver condiviso esperienze simili, consapevole di un rischio sempre presente.  Le difficoltà di spiccare il volo della generazione tra l’adolescenza e i vent’anni è solo il preludio a quell’altra galleria, che passa idealmente al setaccio la fase esistenziale successiva.   Come in Bisogno di te dove le illusioni dell’immaginario amoroso relazionale vengono scandite con un tono tra l’impietoso e l’agrodolce.  La musica ne sottolinea la transizione temporale, trasformando l’innocenza della canzone introduttiva in un’anima dream pop condotta da un minimale ma evocativo riff di chitarra.



L’atmosfera resa dal tappeto musicale prevalente, è quella di un electro pop temperato che predilige l’area mitteleuropea smarcandosi da quella nostrana e anglosassone, con l’approccio della Barbieri che punta alla personalizzazione di uno stile confidenziale contemporaneo. C’è una semplicità ed essenzialità di fondo che però non disdegna giochi sonori concentrici come nei soffici ceselli elettronici di Per un’ora.

Non manca la ricerca dell’insolito e del dettaglio armonico in questa carrellata di piccole favole su limiti e contraddizioni che accompagnano la dinamica delle relazioni quotidiane, in un ascolto che svela la crescita raggiunta dalla voce dell’artista.  Quella stessa voce che conserva il sottile e fanciullesco timbro che la contraddistingue, ma che non teme di mostrare la propria milanesità d’origine in un quadro fonetico che ne è parte essenziale.

Si prenda l’immagine idealizzata di Come una dea, autentico pezzo di bravura che segna il vertice qualitativo raggiunto dal canto della Barbieri.  Il terreno, qui come nella struggente Pinocchio, è quello di una ballata all’insegna di una doppiezza malinconica tenera e amara ad un tempo, il tono si fa a tratti epico così come negli altri episodi più carichi che toccano le oscurità mitteleuropee di La mia pistola e il corollario antropologico di Mare.

In questo contesto Più vicino rappresenta forse la chiave del disco la cui ultima parola, al di là dell’apparente disillusione che sembra contornare ogni storia, invita ad andare oltre la superficie del primo coinvolgimento.  Sta lì poco prima della metà ma torna in seguito come un ultimo e indulgente monito ad andare oltre.  Come una redenzione sempre possibile.

Missincat sarà in concerto all’Ohibò di Milano, mercoledì 30 ottobre 2019.