Sono personalmente convinto che tra i Governi aderenti all’Ue si raggiungerà un ragionevole compromesso sulle modalità di reperimento delle risorse per potenziare gli strumenti e gli aiuti finanziari destinati ai Paesi in difficoltà nell’affrontare le conseguenze dell’emergenza sanitaria. Non saranno gli Eurobond richiesti da 9 Paesi, ma la gamma degli strumenti a disposizione in ambito europeo, e potenziabili anche con il concorso della Bce, potrebbe soddisfare l’ obiettivo. L’accesso alle risorse da parte dei singoli Paesi non sarà privo di condizionalità. Nemmeno i più convinti europeisti possono immaginare un’erogazione massiccia di risorse priva di condizioni. Oppure, sul versante opposto, non si può pensare a una loro subordinazione a dei vincoli capestro tali da vanificare la sostenibilità dei debiti nel medio e lungo periodo. Nelle condizioni attuali è importante raggiungere un compromesso che muova nella giusta direzione.



Ma l’aspetto finanziario è solo uno dei pilastri da consolidare per favorire la ripresa. L’altro, quello dei sostegni verso l’economia reale, rimane nella disponibilità degli Stati nazionali. E questa evidenza comporta che ogni Paese si prepari per gestire in modo efficace le risorse disponibili.

Questo è un tema accuratamente evitato nelle discussioni politiche italiane, tutte concentrate sull’individuazione dei nemici esterni responsabili delle nostre disgrazie. Eppure, il tema dovrebbe seriamente essere preso in considerazione anche alla luce degli interventi che vengono messi in campo dalle autorità dei principali paesi aderenti all’Unione. Questi interventi in parte sono solo abbozzati, si differenziano per le condizioni di partenza legate ai livelli di indebitamento pubblico e alla qualità della spesa sociale, ma offrono spunti di riflessione molto interessanti per valutare l’adeguatezza dei nostri comportamenti.



Tutti i Paesi che hanno preso in considerazione di varare interventi straordinari di sostegno alla propria economia, in particolare la Germania, la Francia, la Spagna e l’Italia, hanno deciso di farlo espandendo il debito pubblico. Sui mass media circolano delle comparazioni sull’entità di questi interventi: 1.200 miliardi per la Germania, 300 per la Francia, 200 per la Spagna, 25 per l’Italia. Numeri che non rappresentano correttamente l’entità degli interventi e l’impatto sui debiti pubblici. Infatti, la gran parte delle misure è rivolta a garantire l’accesso al credito delle imprese e delle famiglie, fornendo garanzie di vario genere al sistema finanziario. Ed è il costo di queste garanzie, unitamente ai sostegni offerti alle imprese e alle famiglie a fondo perduto a titolo di contributi, moratorie fiscali e sostegni al reddito, che deve essere stimato ai fini delle risorse aggiuntive erogate dagli Stati nazionali.



In tal senso, gli impegni di bilancio concretamente dichiarati dai singoli governi dovrebbero essere stimati in 156 miliardi per la Germania e in 45 per la Francia. Analogamente, se si tiene conto dell’effetto volano del valore delle garanzie offerte per l’accesso al credito delle imprese e delle famiglie, l’impatto dei provvedimenti del Governo italiano è valutabile in circa 340 miliardi.

La caratteristica di questi interventi tende a differenziarsi per visione e modalità di attuazione. Quello tedesco si presenta come un piano organico articolato su diverse linee di intervento per: aumentare le garanzie offerte a tutte le imprese per l’accesso al credito, finanziare le azioni rivolte a salvare le imprese e la partecipazione nel capitale delle aziende strategiche, sostenere le piccole imprese e il lavoro autonomo, integrare i redditi delle famiglie. Le misure di sostegno alle piccole imprese fino a 10 dipendenti e per il lavoro autonomo si concentrano su un’erogazione con procedura semplificata di un contributo a fondo perduto che oscilla tra i 5 e i 10 mila euro in base al fatturato. Quelle rivolte al sostegno dei nuclei familiari prevedono forme di integrazione del reddito, anche sotto la forma di sconti fiscali e sulle tariffe, e un potenziamento dei sussidi per i figli a carico.

L’intervento francese offre garanzie generalizzate per l’accesso al credito fino a un corrispettivo del 25% del fatturato e attiva 8,5 miliardi di sostegno al reddito aggiuntivo per le imprese che non licenziano con sgravi contributivi e integrazioni fino all’84% del salario e con un’erogazione una tantum di 1.500 euro per i lavoratori autonomi.

Il Governo spagnolo, in prima istanza, investe 100 miliardi per offrire garanzie per l’accesso al credito delle imprese e 17 miliardi da destinare alle imprese in crisi, unitamente all’esenzione del versamento dei contributi fino al 100% per le imprese che non licenziano e al 75% per le altre.

I provvedimenti sinora adottati dal Governo italiano li abbiamo già commentati. A grandi linee perseguono obiettivi analoghi a quelli varati da altri Paesi. Ma con due significative differenze. Una prima legata alla complessità dei vincoli, dei limiti, e degli strumenti che vengono introdotti per l’accesso ai crediti da parte delle imprese (il massimale di 5 milioni di euro). La seconda collegata alla estrema differenziazione degli interventi di sostegno al reddito destinata alle singole persone: lavoratori dipendenti, autonomi e cittadini con precedenti attività lavorative, senza tener conto della condizione dei nuclei familiari (particolarmente grave l’assenza di un provvedimento destinato a sostenere il reddito delle assistenti familiari e l’accesso ai servizi delle persone sole e non autosufficienti). Una criticità destinata ad accentuarsi, secondo la mia modesta opinione, se nel prossimo decreto prendessero corpo le ipotesi di allargare i sussidi ai lavoratori in nero, individuati con criteri improbabili ed eticamente discutibili, introducendo un non meglio precisato reddito di emergenza.

Il confronto con i provvedimenti promossi/o in fase di attuazione conferma alcuni limiti strutturali delle nostre politiche: una carenza di visione che fa sembrare gli interventi una sorta di assemblaggio incoerente di provvedimenti; la tendenza a sofisticare le modalità di attuazione con complicazioni che rallentano l’efficacia temporale degli stessi; la tentazione di cavalcare le emergenze per distribuire risorse, a titolo di sostegno al reddito, in una pletora di interventi che finiscono per incentivare comportamenti opportunistici. È un modo di procedere incompatibile con le sfide che ci attendono nel futuro immediato, e che concorre ad alimentare i pregiudizi nei confronti della nostra nazione in ambito sovranazionale.

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