Nella polemica ormai quotidiana tra “regioni” e governo ieri si è inserita la mini-finanziaria della Regione Lombardia. In anni normali rubricheremmo l’annuncio ai margini dei grandi interventi di investimento statale e le misure avrebbero un piccolo e modesto posto in un quadro molto più ampio. In questa fase invece tutto assume un significato nuovo; gli interventi per centinaia di miliardi annunciati in “mondovisione” dal governo per le imprese si rivelano nella quotidianità di moltissimi imprenditori sostanzialmente inesistenti, di difficilissimo accesso e perfino un debito, privatissimo, per pagare tasse su fatturati devastati dalla peggiore crisi del ’29. L’enorme fatica dei sistemi informatici nazionali a erogare somme hanno dato luogo a divertenti ricostruzioni di violazioni hacker; intere fasce di popolazione e tantissimi comuni sono rimasti completamente scoperti mentre gli italiani leggono dei veri e semplicissimi interventi disponibili dall’altra parte delle Alpi.



Le misure di lockdown, che a quanto pare dureranno all’infinito, impediscono a milioni di italiani di lavorare; la Francia che all’inizio ha seguito l’Italia si è resa conto da almeno una settimana di quanto sia fallimentare e senza sbocchi la strategia e si è messa a seguire la Germania che ha tenuto aperte le imprese e non ha obbligato i suoi cittadini a un regime di semi-carcerazione domiciliare.



In questa situazione lunare, la polemica tra governo e Lombardia continua. L’anticipo della cassa integrazione è reale così come sono realissimi i 400 milioni di euro per i comuni che presumibilmente verranno spesi; lo stesso si può dire per i fondi per riconvertire le aziende o per i soldi destinati al personale sanitario.

L’emergenza sanitaria è sicuramente uscita dalla fase più acuta: lo dimostra il calo dei pazienti in terapia intensiva che in Lombardia, per esempio, ha toccato il picco più di due settimane fa, il 3 aprile. Sul territorio nazionale i miglioramenti sono chiaramente apprezzabili sia al nord che al sud. Pensiamo non solo alla Lombardia, ma alla minifinanziaria della Campania per imprese e cittadini, 900 milioni di euro, che evidentemente sono la “pezza” messa nella totale latitanza del Governo.



A breve l’attenzione si sposterà dall’emergenza sanitaria a quella economica e su questo versante emergeranno grandi attriti che possiamo immaginare di due ordini. Il primo è squisitamente economico-finanziario.

Le esigenze economiche del Veneto e della Sicilia sono diversissime perché diversissimo è il tessuto sociale e economico. È diversissima anche la potenza di fuoco, le tasse che si possono generare, delle due regioni. In una fase in cui il Governo centrale fa pochissimo inevitabilmente tutti diventano più gelosi. Non è affatto peregrino pensare che una regione possa pensare di emettere un suo debito magari per finanziare un’infrastruttura come per esempio accaduto per nuove autostrade. Il secondo è di natura politica. Obbligare la gente a presentare una certificazione cartacea, la sesta in due settimane, è una scelta così come quella di obbligare a indossare una mascherina o meno. Questi esempi danno la misura di quanto possano essere più o meno aderenti alla realtà locale e tese a favorire l’iniziativa privata le decisioni politiche anche in assenza di “finanziamenti”.

Finanziare direttamente i comuni o le imprese, come accade in Lombardia, o un’infrastruttura è una delle mille possibili opzioni che includono anche un coinvolgimento molto più diretto, e forse nefasto, della burocrazia e dello Stato. Non è scontato, per esempio, che il comitato olimpico di Milano-Cortina sia “privato”. Anche su questo la competizione tra Stato e regioni sarà agguerrita e oggi il Governo centrale non dà particolari garanzie, soprattutto quando si sposta lo sguardo da un’emergenza sanitaria che ha toccato il picco quasi tre settimane fa e quella, montante e tremenda, dell’economia con un’azione governativa che ha lasciato completamente a secco imprese e autonomi.

La Lombardia che oggi passa per l’esempio di tutti i mali rischia di sorpassare, a breve, il Governo centrale in quello che sarà l’unico tema che importerà agli italiani tra qualche giorno: il lavoro e possibilmente i risparmi. L’esigenza di ricentralizzare tutto è funzionale a eliminare pericolosi concorrenti prima che diventino troppo “appetibili” per l’elettorato che avrà come principale preoccupazione arrivare alla fine del mese più o meno bene. L’insofferenza di molte regioni, non solo al nord per altro come dimostra la Campania, diventa più evidente con il passare dei giorni.

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