Si è tenuto il 12 dicembre scorso presso il ministero della Salute il convegno di presentazione dei dati della mobilità interregionale che continua a rappresentare un indicatore fondamentale per valutare le differenze nell’offerta di servizi sanitari sul territorio nazionale. I dati pubblicati da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), ente pubblico non economico sotto la vigilanza del ministero della Salute, che svolge funzioni di supporto alle regioni e al Governo centrale per migliorare l’efficienza e la qualità del Servizio sanitario nazionale (Ssn), fotografano un fenomeno che è aumentato del 12% nel 2023, con un volume complessivo di circa 3 miliardi di euro e che testimonia l’entità degli spostamenti effettivi dei pazienti da una regione all’altra per ricevere cure mediche.
Il flusso principale di mobilità continua a spostarsi dal sud Italia verso nord. I pazienti delle regioni meridionali si dirigono in prevalenza verso strutture ospedaliere settentrionali per interventi di alta complessità, che comportano trattamenti più costosi e specializzati. La Campania, la Calabria e la Sicilia risultano le regioni con il saldo negativo più pesante, cioè quelle che vedono una perdita economica dovuta alla “fuga” di pazienti. Nella sola Campania, sebbene vi sia stato un lieve miglioramento arrivando a un +6% rispetto agli anni precedenti, la tendenza a rivolgersi a strutture di altre regioni per le cure specializzate rimane alta e il saldo in negativo è più di 211 milioni. Segue la Calabria (-191 milioni), che continua a registrare una delle performance peggiori in termini di saldo economico negativo, seguita dalla Sicilia (-139 milioni). Tuttavia, si rileva anche una mobilità di prossimità con uno squilibrio più significativo tra le regioni del centro-nord, soprattutto quelle di confine che in termini percentuali consta in media del 70% del totale rispetto al 30% del sud. Spicca l’esempio del Veneto che migra nella vicina Provincia Autonoma di Trento per prestazioni specialistiche.
In controtendenza, le regioni settentrionali che si confermano le più attrattive sono l’Emilia-Romagna, con un saldo economico della mobilità sanitaria di +387 milioni di euro che per la prima volta supera la Lombardia (+383 milioni), segue il Veneto (+115 milioni di euro). Il saldo economico positivo, oltre alle prime tre regioni, riguarda rispettivamente Toscana, Piemonte, P.A. Trento e Molise, grazie a comportamenti che vanno nella direzione di contenere la mobilità passiva e alla loro capacità di offrire servizi sanitari di qualità, specialmente in ambiti di alta specializzazione come l’apparato muscolo-scheletrico e la chirurgia oncologica.
Un’analisi più dettagliata rivela come anche la mobilità per le prestazioni ambulatoriali segua lo stesso schema. Nel primo semestre del 2023, il valore complessivo della mobilità per la specialistica ambulatoriale ha toccato i 330 milioni di euro, il valore più alto degli ultimi cinque anni. La maggior parte di questi spostamenti si è registrata verso le strutture del nord Italia, che hanno assorbito circa il 33% della mobilità ambulatoriale complessiva, mentre il centro ha accolto il 20% e il sud il 12%. Questo dato sottolinea ulteriormente la disparità nell’accesso ai servizi sanitari sul territorio nazionale.
Alcune regioni mostrano però segnali di miglioramento. Il Lazio, ad esempio, ha registrato una riduzione del saldo negativo (-14 milioni) grazie a una diminuzione dei costi e a un incremento (+11%) dei ricavi derivanti dalle prestazioni specialistiche offerte localmente. Anche il Piemonte ha invertito una tendenza negativa, passando da un deficit di 7,2 milioni di euro a un saldo positivo di 23 milioni. Un risultato simile è stato ottenuto dalla Provincia Autonoma di Trento, che ha migliorato il proprio saldo da -6,5 milioni a +2,6 milioni. Questi dati indicano che, quando si investe nel miglioramento dei servizi sanitari locali, è possibile trattenere i pazienti all’interno dei propri confini regionali.
Nonostante questi progressi, la fotografia complessiva del settore sottolinea il divario strutturale tra le regioni italiane e la necessità di interventi strategici per garantire l’equità e migliorare l’efficienza dei servizi sanitari su tutto il territorio italiano e la mobilità interregionale rimane una sfida per il Sistema sanitario nazionale. Le differenze nella qualità e nella disponibilità dei servizi sanitari tra le diverse aree del Paese persistono, causando disagi sia ai pazienti che alle amministrazioni regionali.
Il fenomeno della mobilità sanitaria non rappresenta solo una questione di bilancio economico, ma è anche un indicatore di disuguaglianza nell’accesso alle cure. L’obiettivo futuro dovrebbe essere quello di ridurre queste disparità, garantendo cure di alta qualità su tutto il territorio nazionale. Solo così sarà possibile invertire i flussi di mobilità e assicurare un sistema sanitario equo e sostenibile per tutti i cittadini italiani.
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