Qual’è la storia vera del disastro del Moby Prince?
31 anni fa, il 10 aprile 1991, 140 persone morirono a bordo del traghetto Moby Prince che da Livorono sarebbe dovuto arrivare a Olbia. Un disastro passato alle cronache come “l’Ustica del mare” su cui ancora oggi, a decenni di distanza, si addensano ombre e interrogativi insoluti. Come quello sui soccorsi, che avrebbero “bypassato” Moby Prince per concentrarsi sulla petroliera Agip Abruzzo con cui il traghetto si era scontrato. Secondo quanto emerso in sede di commissione parlamentare d’inchiesta, nel 2022, la Moby Prince sarebbe “andata a collidere con la Agip Abruzzo per colpa della presenza di una terza nave“, imbarcazione non identificata che sarebbe “comparsa improvvisamente davanti al traghetto” e che ne avrebbe provocato “una virata a sinistra che ha poi determinato l’incidente“.
Sempre dalla commissione parlamentare d’inchiesta, riporta Ansa, sarebbe emerso che la petroliera coinvolta nella collisione, la Agip Abruzzo, “si trovava ancorata in rada in una zona dove invece c’era il divieto di ancoraggio“. Nessun banco di nebbia improvviso quella sera, come invece inizialmente sarebbe stato ipotizzato come principale causa dell’incidente, ma inspiegabilmente nessuno, per oltre un’ora, avrebbe prestato soccorso al traghetto in fiamme. La collisione sarebbe avvenuta alle 22.25 a 2,7 miglia dalla costa. Soltanto uno si salvò mentre 140 persone, tra passeggeri ed equipaggio, persero la vita in quell’inferno. La strage è raccontata in un film documentario intitolato Il mistero Moby Prince, di Salvatore Gulisano, in onda il 20 ottobre in prima serata su Rai2.
L’ipotesi terza nave nel disastro Moby Prince
Nel disastro Moby Prince, riferisce la relazione della commissione parlamentare d’inchiesta, in mare “c’era una terza nave” attualmente non identificata. Il traghetto Moby Prince, della Navarma, secondo la ricostruzione sarebbe andato a collidere con la petroliera Agip Abruzzo – ancorata in un’area vietata – proprio per la presenza di una terza imbarcazione che avrebbe costituito un ostacolo improvviso davanti alla Moby Prince, una situazione che avrebbe innescato una virata a sinistra determinante l’incidente. Sarebbe questa, secondo gli esiti dell’inchiesta riferiti da Andrea Romano (Pd) quale presidente della commissione parlamentare sul caso, la causa del disastro costato la vita a 140 persone tra passeggeri ed equipaggio.
L’unico sopravvissuto a quell’inferno fu Alessio Bertrand, mozzo del traghetto diretto al porto di Olbia. Tutte in salvo le persone a bordo dell’Agip Abruzzo. Stando alla dinamica ricostruita finora, la prua della Moby avrebbe penetrato la cisterna numero 7 della petroliera e, a seguito della collisione, sarebbe scoppiato l’incendio. I mezzi di soccorso sarebbero stati dirottati soltanto verso la petroliera, e soltanto dopo oltre un’ora due ormeggiatori si sarebbero accorti della presenza del traghetto e avrebbero lanciato l’allarme. Alle 23.35 l’orrore di quella che i familiari delle vittime avrebbe definito “Ustica del mare” era già storia della più grande tragedia navale italiana. Per 80 minuti, nessuno soccorse Moby Prince. Non sono bastati 3 processi per chiarire fatti e responsabilità. I parenti delle persone morte nel traghetto chiedono che le indagini non si fermino, stretti in un limbo di domande e dolore lungo oltre 30 anni.