Nella serata odierna la trasmissione di Salvo Sottile Far West ci accompagnerà nella lunga – ed ancora in corso – inchiesta sul settore della moda di lusso al centro di numerose accuse di caporalato per aver subappaltato le produzioni di indumenti ed accessori a società quasi sempre cinesi che non rispettavano alcuna norma sul lavoro costringendo i dipendenti a turni massacranti, pagati pochi spiccioli per prodotti poi rivenduti dai gradi marchi a centinaia o migliaia di euro: un lungo viaggio iniziato dalla Guardia di Finanza più di un anno fa e che fino ha coinvolto decine e decine di aziende subappaltate cinesi e tre i principali marchi della moda mondiale.
Partendo dal principio, di questo caso si è iniziato a parlare abbondantemente dallo scorso aprile, quando le ‘fiamme gialle’ avevano posto la loro attenzione sulla filiera produttiva di Prato fatta di un ampio reticolo di opificio subappaltati – appunto – dai grandi marchi: complessivamente furono sospese le attività di 11 diverse aziende costrette a pagare complessivamente più di 100mila euro di sanzioni per le violazioni delle leggi sul lavoro e altri 75mila per la violazione di quelle sulla salute e la sicurezza.
Al banco degli impuntati finirono soprattutto due imprenditori cinesi, ma complessivamente in tutte e 11 le aziende si riscontrò una filiera produttiva largamente incentrata sullo sfruttamento dei cittadini cinesi arrivati – in alcuni casi – illegalmente in Italia, assunti in nero e costretti a vivere all’interno degli stessi capannoni in cui lavoravano in condizioni igieniche a dir poco pessime, senza le necessarie tutele in materia di sicurezza (con macchinari logorati, senza protezioni o revisioni); il tutto in cambio di una paga di pochi euro per prodotti che ne fruttavano migliaia.
Nell’inchiesta sul caporalato nella moda coinvolte anche Alvaro Martini, Giorgio Armani e Dior
Da Prato le fiamme gialle con l’inchiesta sul caporalato nel settore della moda erano arrivate prima a Varese – dove in un solo caso avevano riscontrato una situazione simile a quella pratese – e poi a Milano dove al reticolo si subappalti ad aziende cinese si sono uniti anche alcuni grandissimi marchi della moda: la prima a finire al centro delle indagini era stata la Alvaro Martini spa, poi seguita dalla Giorgio Armani Operations spa e – solo recentemente – dalla Manufactures Dior srl.
Nel ciclo produttivo delle tre aziende erano state individuate diverse aziende subappaltate che davano (anche in questo caso) lavoro soprattutto agli irregolari provenienti dalla Cina, facendoli vivere e lavorare nelle stesse condizioni di cui vi abbiamo appena parlato nei casi di Prato: nessuna delle tre aziende – è bene precisarlo – sembrava essere al corrente delle condizioni in cui operavano le aziende subappaltate e per tutte e tre è stata disposta ‘solamente’ la cosiddetta amministrazione controllata; con l’accusa di non aver applicato le necessarie “misure per verificare la capacità imprenditoriale delle società appaltatrici”.