La crisi e le successioni hanno più volte messo a rischio i marchi made in Italy di molti colossi della moda. E i dubbi sulla prosecuzione delle grandi case si insinuano sempre di più: i successori saranno in grado di eguagliare il genio artistico ed estetico dei visionari che hanno firmato e portato al successo il settore della moda? Il nostro Paese ha il pregio di vantare nomi come Valentino, Prada, Gucci, Ferrè, Dolce & Gabbana. E dovrebbe far di tutto per preservare il proprio patrimonio. Ciò che però manca, come si legge sul Financial Times, è il coraggio di aprirsi agli investimenti esterni.
Ed è proprio la riluttanza nei confronti di questa apertura che ha frenato le case di moda, lasciandosi comprare da altri Paesi. “Le questioni di successione che queste aziende devono affrontare hanno anche implicazioni a livello di settore. Mentre l’Italia è ricca di patrimonio e artigianato, è mancata di investitori nazionali con la volontà e il potere finanziario di proteggere la sua industria dalle acquisizioni straniere “. Così si è espresso al riguardo De Benedetti. E così la più grande minaccia per le aziende dell’haute couture italiana è il rischio che i ‘gioielli’ rimanenti potrebbero essere agguantati da colossi francesi come Kering e LVMH.
MODA ITALIANA: I SUCCESSORI COME DOVRANNO PORTARE AVANTI LE ‘GESTA’ DEI PREDECESSORI?
Ad oggi la moda rappresenta il secondo settore più produttivo dell’Italia, e a livello globale il 78% della moda di lusso è made in Italy . Inoltre nonostante la pandemia, nel 2021 l’industria della moda e del tessile italiano ha registrato un fatturato complessivo di 93 miliardi di euro. Il compito però di chi succede alle grandi menti della moda italiana è però particolarmente gravoso, comportando il dover portarne avanti l’esclusività, interpretarne l’estro, lo stile e il peso dell’eredità. Tutto però dipenderà anche dalla scelta dei direttori creativi tenuti a far prosperare il marchio.
Un altro aspetto da migliorare è inoltre quello del consolidamento, con un intervento anche da parte del Governo italiano, che dovrebbe essere più audace nel proteggere le case di moda del paese e il suo artigianato dall’interesse straniero. Questo richiede anche un’inversione di rotta rispetto agli esecutivi precedenti: includere l’industria della moda e i suoi fornitori nell’elenco dei settori strategici, come la tecnologia, i trasporti e le telecomunicazioni, dove ha il potere di porre il veto sugli investimenti stranieri.