Una modella ungherese, candidata nel 2019 al ruolo di Miss del suo Paese, ha presentato una richiesta di risarcimento danni nei confronti dello Stato italiano pari a 100mila euro. La 24enne, di nome Greta Gila, ha trascorso tre mesi in carcere a Civitavecchia da innocente, per via di un errore giudiziario che ancora oggi, a distanza di tre anni, le provoca crisi di panico. La vicenda è stata raccontata sulle colonne del quotidiano “Il Messaggero”, in un servizio che spiega come tutto abbia avuto inizio il 22 marzo di tre anni fa, quando la pandemia di Coronavirus non era neppure in fase embrionale.



La giovane si trovava di passaggio in Italia ed era diretta in Giappone, precisamente a Tokyo, dove ad attenderla c’era uno shooting fotografico. Tuttavia, all’aeroporto di Fiumicino, una sua conoscente venne fermata e, dopo che fu trovata in possesso di cocaina, questa affermò che fosse destinata proprio alla modella, in quell’istante nella sua stanza d’hotel, alla quale bussarono poco dopo le forze dell’ordine in borghese per arrestarla. Lei stessa ha raccontato che aveva scambiato gli agenti per una banda di sequestratori, non capendo per giunta una parola d’italiano e trovandosi, di lì a breve, dietro le sbarre di un penitenziario, nel quale trascorse 74 lunghi giorni prima di essere liberata.



MODELLA CHIEDE DANNI ALLO STATO ITALIANO: INCHIESTA CONTRO DI LEI INFONDATA

Nonostante la libertà riguadagnata, per la modella ungherese rimane l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, in quanto nei suoi confronti era stata aperta anche un’indagine per spaccio internazionale. Poi, il 16 dicembre scorso, la svolta: il gip cestina le accuse degli investigatori per “infondatezza della notizia di reato” nonostante “le lunghe indagini espletate”.

Greta Gila, nel frattempo, ha perso il lavoro e deve lottare contro paure mai avute prima. Al suo avvocato, il penalista Massimiliano Scaringella, la 24enne ha affidato il compito di essere risarcita per ingiusta detenzione, chiedendo allo Stato italiano 100mila euro. Come scrive ancora “Il Messaggero”, il 22 febbraio, i giudici della quarta sezione penale della Corte d’Appello di Roma si esprimeranno in merito a tale istanza: “In questa vicenda ha mostrato grande intelligenza la procura di Civitavecchia che, dopo una diffidenza iniziale, ha verificato la tesi difensiva dell’indagata libera da preconcetti – ha asserito il legale –. Adesso la fase risarcitoria è di fondamentale importanza. Oltre che per un equo ristoro come ovvio delle vittime di errori, anche per invitare a una maggiore prudenza nella formulazione di ipotesi accusatorie non adeguatamente verificate e supportate”.