Il vaccino mRNA-1273, quello sviluppato da Moderna, ha evitato il 95% di nuove infezioni tra gli operatori sanitari a due settimane dalla prima dose. Lo riporta uno studio pubblicato da JAMA Network Open. Dai dati è emerso che appena una settimana dopo la somministrazione della prima dose, il vaccino Moderna è stato efficace al 78% nel prevenire nuovi casi. Solo 39, quindi poco più dell’1% dei quasi 3.400 operatori sanitari vaccinati, si sono infettati dopo la prima dose. Questi contagi si sono verificati almeno 14 giorni dopo la vaccinazione, inoltre 27 di loro hanno sviluppato i sintomi della malattia Covid. Il dottor Michael E. Charness, co-autore della ricerca, a UPI ha spiegato che «la vaccinazione rapida della prima dose agli operatori sanitari ha contribuito a sostenere la fornitura di assistenza sanitaria anche al culmine dell’ondata invernale di Covid a Boston». In ogni caso, «la vaccinazione completa è ancora raccomandata per l’immunità sostenuta e la protezione contro le varianti emergenti». Ma la ricerca ha confermato che il ciclo vaccinale completo con Pfizer e Moderna garantisce oltre il 90% della protezione contro la forma grave del Covid.
VACCINO MODERNA, STUDIO SU OPERATORI SANITARI
Per questo studio il team di Michael E. Charness, capo del personale del VA Boston Healthcare System, ha valutato l’efficacia di una dose del vaccino Moderna in oltre 4mila operatori sanitari della stessa struttura durante il picco invernale di casi Covid nella zona di Boston. I ricercatori hanno spiegato che circa l’84% del personale, poco meno di 3.400, aveva ricevuto una dose di vaccino Moderna entro la fine del periodo di ricerca di 42 giorni, quindi al 1° febbraio. Dai dati è emerso che sono stati segnalati 107 nuovi contagi tra gli operatori sanitari, ma di questi 39 erano coloro vaccinati con la prima dose, mentre 68 infezioni si sono verificate tra coloro che non ne avevano ricevuto neppure una. «L’efficacia del vaccino può variare a seconda dell’età, dell’esposizione e dei rischi per la salute di una popolazione e della trasmissibilità delle varianti», ha dichiarato Charness. Ma ha precisato anche che il lavoro è stato condotto quando era dominante la variante originale, quella di Wuhan, quindi l’efficacia potrebbe essere differente con le varianti attualmente prevalenti.