“L’Unione Europea ha approvato la proposta del governo di revisione del piano, ma non in modo totale: ha apportato delle modifiche. C’è un ritocco che però comporta l’aumento dell’importo complessivo: si passa a 194 miliardi, con l’aggiunta di 2,8 miliardi. La novità più importante è che viene indicata una missione in più: sono diventate sette con il cosiddetto RePowerEu, misure per la transizione verde e l’efficientamento energetico. Una missione che vuol dire 5 nuove riforme e 12 nuovi investimenti”.
Annalisa Giachi, responsabile Ricerche di Fondazione Promo Pa e coordinatrice OReP, Osservatorio sul Recovery plan, sintetizza così lo stato dell’arte del PNRR dopo l’ennesima tappa di avvicinamento alla sua realizzazione completa. L’Italia si trova con soldi in più da spendere, con qualche concessione da parte dell’Europa, ma anche con molti obiettivi che sono stati spostati alle rate successive, concentrando così negli ultimi due anni un numero consistente di lavori. Con il rischio di ingolfare l’attuazione degli interventi.
Nel dettaglio che orientamento ha tenuto la Ue nell’analizzare le proposte italiane?
Si sono salvate un po’ di misure sulle quali i Comuni avevano lanciato l’allarme al ministro Fitto. Riguardo ai piccoli interventi di rigenerazione urbana la Commissione europea ha mantenuto 2 miliardi su 3,3. Si tratta di progetti che molto spesso erano già in essere e sono stati inseriti nel PNRR. L’altra partita importante, quella per cui le città erano molto preoccupate, era quella dei piani integrati, dei grossi investimenti sul recupero delle periferie. L’Italia aveva proposto di depennare 2,4 miliardi di euro per paura di non riuscire a ottenerli: una decisione che aveva sollevato polemiche. Ma la Commissione ha deciso di salvare un miliardo. Il governo, che aveva promesso di coprire comunque con risorse interne la cifra mancante, potrà quindi raggiungere più facilmente l’obiettivo: per farlo dovrà mettere 1,4 miliardi di euro di risorse proprie e non 2,4. Un miliardo, appunto, arriverà dall’Europa. Credo che Fitto annuncerà un decreto in cui dovrà riassegnare i fondi per tutte le misure, conseguente alle variazioni che sono state decise per diversi obiettivi del piano. Ci metterà anche la copertura delle nuove risorse.
Una delle voci più consistenti è quella che riguarda le imprese: cosa viene previsto ora in seguito alle modifiche?
Nel pacchetto imprese ci sono 12,4 miliardi di euro, in cui salgono le misure relative alla transizione 5.0, ai crediti di imposta. Si tratta di quelle che stavano funzionando meglio nel PNRR, forme di contributi che le aziende possono utilizzare sotto forma di detassazione per la transizione verde e digitale. Qui c’è stato dato un miliardo in più, in tutto 6,3 miliardi.
Sulle imprese, insomma, siamo messi bene?
Sì, ci sono anche misure interessanti sui contratti di filiera, sull’eolico, così come sulle filiere agricole.
C’è stato qualche taglio, invece, per quanto riguarda l’efficientamento energetico per gli immobili privati e le case popolari?
Per le case popolari c’è stata una rimodulazione perché alla fine queste misure non hanno avuto un grandissimo successo. Hanno ridotto il target.
E sulla sanità?
Lì un po’ di tagli ci sono stati, ad esempio sulle case e gli ospedali di comunità: si passa da 1.450, che era il target iniziale, a 1.038. Il governo sostiene che per completare il progetto, quindi per realizzare l’obiettivo stabilito in un primo momento, si attingerà al Fondo sanitario nazionale, ma le regioni sono già sul piede di guerra: il problema, infatti, là dove non si potrà attingere ai fondi europei, sarà trovare altre risorse. I numeri iniziali, d’altra parte, erano oggettivamente troppo alti per riuscire a rispettare i termini. Ogni regione aveva un determinato numero di strutture da realizzare, che ora non è più lo stesso: bisognerà vedere quelle che andranno avanti e quelle che verranno posticipate.
Le risorse per gli asili, invece, sarebbero diminuite: si parla di 100mila posti in meno. Quali sono le ragioni di un taglio così considerevole?
Alcuni interventi che erano stati ammessi al finanziamento non riguardavano nuove strutture come chiedeva la Ue, ma riqualificazioni, ampliamenti, la creazione di centri polifunzionali, mentre l’obiettivo della Commissione era di avere nuove strutture. Nella proposta di modifica è stato abbassato il target perché si volevano togliere le strutture che erano a rischio di approvazione. La valutazione è estremamente rigida: i tecnici della Commissione guardano come è formulato il target e non sono ammesse variazioni o interpretazioni. Per questo si è deciso di inserire solo gli interventi che sono sicuramente in linea con il requirement europeo, subire una bocciatura in seguito avrebbe voluto dire perdere i soldi.
L’opera di revisione, comunque, ha portato a procrastinare gli interventi: che problemi comporta questo in termini di realizzazione del PNRR?
Sono stati rivisti i target per la quinta, la sesta e la settima rata: sono stati spostati in avanti. La quinta rata, da presentare entro dicembre, che doveva valere 18 miliardi di euro, adesso ne vale 12, perché gli obiettivi sono stati spostati in avanti. Significa che le rate successive sono sempre più ambiziose e che la realizzazione delle opere è prevista negli ultimi due anni, questo è il rischio maggiore.
Insomma stiamo prendendo tempo. Così facendo che pericolo corriamo?
Andando a spendere tutto negli ultimi due anni si rischia di ingolfare la macchina. Anche perché chi fa le opere sono le stesse imprese. C’è un problema di capacità del sistema produttivo, della possibilità di riuscire a realizzare effettivamente queste opere nei tempi definiti.
C’è anche un capitolo che riguarda le alluvioni e gli interventi per il riassestamento del territorio dal punto di vista idrico. Quanto conta questa voce del piano?
Nello spostamento delle misure sono stati privilegiati gli interventi contro la dispersione idrica e tutto sul tema acqua. Sempre in ambito RePower c’è molto che riguarda rafforzamento delle reti elettriche e del gas, lo smart grid.
Un altro capitolo, quest’ultimo, che dovrebbe avvantaggiare le nostre imprese, anche quelle più dimensionate?
Parliamo di grandi interventi infrastrutturali, grandi reti di collegamento elettrico: 200 milioni per quello tra la Sardegna, la Corsica e il resto dell’Italia. C’è un progetto di interconnessione transfrontaliera con Slovenia e Austria. Tutte cose confermate, anche con qualche soldo in più.
Sono progetti che riguarderanno grandi imprese come Enel ed Eni?
Sì. Poi ci sono fondi anche per le regioni che sono state colpite dalle alluvioni: 1,2 miliardi per la Toscana, le Marche e l’Emilia-Romagna per consolidamento, difesa idraulica, ripristino delle viabilità, ricostruzione delle strutture sociosanitarie e scuole. Ma solo per queste tre regioni.
Sono stati rinforzati, invece, gli interventi sul mercato del lavoro. Abbastanza per incidere seriamente sui meccanismi della ricerca e dell’offerta di impiego?
Intanto sono stati trovati soldi aggiuntivi per i famosi alloggi universitari, confermando il target dei 60mila posti letto in più entro il 2026. Quindi è stato rafforzato dal progetto GOL, finalizzato a sopportare le politiche attive per il lavoro, i programmi per l’inserimento dei disoccupati.
Qual è alla fine la situazione del Pnrr in questo momento?
Ci hanno pagato fino alla terza rata, la quarta, da 16,7 miliardi, è sbloccata e i soldi dovrebbero arrivare a breve. La quinta rata è stata ridotta da 18 a 12 miliardi ma per questa dobbiamo ancora avanzare ufficialmente le nostre richieste. Ci sono disponibilità finanziarie in più relative principalmente alla transizione energetica, al nuovo capitolo RePower. Il Governo adesso non ha più alibi: ottenute le modifiche richieste ora bisogna spendere veramente e raggiungere concretamente l’obiettivo. Fino a un anno e mezzo fa era un tabù parlare di modifica del piano, soprattutto una modifica rilevante come quella che ora si sta concretizzando. Nella UE, 24 Paesi hanno presentato modifiche al loro piano: siamo assolutamente allineati a quello che stanno facendo gli altri. E siamo quelli più avanti in termini di rate di pagamento presentate.
Resta il grosso tema dei lavori che vengono spostati nelle rate successive.
Il rischio è di avere grossi cantieri che devono partire tutti insieme, con la necessità di trovare le imprese che fanno i lavori.
(Paolo Rossetti)
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