Giulio Rapetti, meglio conosciuto come Mogol, si apre in un racconto molto toccante di come ha avuto inizio la sua incredibile carriera, grazie agli insegnamenti trasmessi dai suoi genitori. Ospite della trasmissione L’Ora Solare su Tv2000, Mogol svela che da bambino “mi dicevo: chissà se ce la farò a fare qualcosa di buono nella vita. Ero tormentato da come avrei potuto sopravvivere io, che ero il meno intelligente della classe soprattutto quando non avrei avuto più i genitori. Questa preoccupazione sicuramente è servita a mettercela tutta”.



A oggi, Mogol riconosce che “ho avuto un aiuto dai miei genitori che erano molto giovani, mia mamma aveva ventun anni e mio papà ventiquattro. Erano rigorosi, la puntualità non solo era un obbligo, ma se non mi sedevo alle otto tavola non mangiavo. Queste norme molto rigorose mi hanno aiutato molto nella vita”. Sebbene confessi che nonostante la rigida educazione, il piccolo Mogol non era sempre incline al rispetto delle regole: “mio papà m’ha fatto prendere lezioni di musica e non mi piaceva molto l’idea di suonare il pianoforte, allora avevo scoperto che se davo un po’ di cognac al maestro, lui beveva e poi dormiva. Non ho più studiato dopo aver trovato questo trucchetto. Poi mi son pentito perché mi sarebbe piaciuto suonare il pianoforte, perché mio papà lo suonava bene”.



Mogol “iniziai a scrivere musica per soldi, potevo guadagnare…”

Mogol, all’anagrafe Giulio Rapetti, racconta di aver iniziati a scrivere musica “per soldi. Io lavoravo nell’ufficio con mio padre, era il direttore (Mariano Rapetti fu dirigente della Ricordi, ndr) e io l’ultimo degli impiegati. Avevo una stanzetta e mio padre m’ha incaricato di passare le canzoni americane, di fargli fare i versi in italiano agli autori che lavoravano nell’edizione. A quel tempo non è che rispettassero così tanto il diritto d’autore, per cui gli davamo 5000 lire a testo. Io guadagnavo 40000 lire al mese, che sono 20 euro. Per cui l’idea di prendere 5000 lire era una cosa che mi interessava molto”.



E a quel punto “mio papà era così onesto con la sua società che siccome io ho cominciato a lavorare anche con gli altri editori, temeva che pensassero che potesse spingermi più degli altri. Allora sono andato da mia mamma e lei mi ha detto: devi dire al papà che tu preferisci andartene dalla Ricordi, per essere libero così lavori con tutti”.

Mogol e papa Francesco “prego sempre per lui, è vero seguace di Cristo”

Un’altra caratteristica di Mogol è la profonda fede e la stima che lo lega a papa Francesco, dal quale ha ricevuto una lettera a ottobre 2020, mostrata nel corso del programma L’Ora Solare, che recita così “Caro fratello, grazie tante per il suo saluto e il libro ‘Le ciliegie e le amarene’, compendio di saggezza. Grazie per il ritratto disegnato dai due fratellini, mi fa bene. Prego per lei. Per favore, lo faccia per me. Che Dio la benedica, fraternamente Francesco”. Una missiva che Mogol definisce un “grande onore”, così come un onore è stato “conoscere il Papa, che è veramente seguace di Gesù Cristo e prego per lui perché lo merita. Prego anche per tanti altri, ma anche per lui, come mi ha chiesto. Spero che stia a lungo in vita

Il ritratto a cui si riferisce il Pontefice è un riferimento, come spiega lo stesso Mogol, a un aforisma che dice così: “come due fratellini disegnano la stessa mamma in due modi diversi, così gli uomini Dio”. Un modo per direi che “il Papa giustifica tutte le religioni. Se io fossi nato in Cina, non sarei cattolico, ma non è una colpa nascere in Cina. Quindi l’importante è agire bene e aiutare gli altri. Io prego per gli altri, per le persone che sono in difficoltà, per quelli che sono morti e prego per gli amici. Ne traggo un grande beneficio da questa preghiera, perché quando ho finito mi sento a posto, non solo con la coscienza, ma mi sento tranquillo. Penso che la preghiera è una cosa che consola più noi. E sicuramente anche il Signore è contento”.