Mogol (al secolo Giulio Rapetti), celeberrimo paroliere della canzone italiana, è stato intervistato nella giornata di ieri, martedì 28 luglio 2020, da “Il Corriere della Sera”. L’83enne ha raccontato di essere stato bocciato all’esame di quinta elementare per essere andato fuori tema. “A Carugo, dove ero sfollato con la mia famiglia, avevamo una maestrina deliziosa – ha dichiarato –. Aveva 70 anni ed era una donnina gentile, con il collettino di pizzo bianco. A noi ragazzini raccomandava di stare buoni, mentre saltavamo da un banco all’altro. Poi, per l’esame di Stato, venne da Milano una maestra giovanissima, un po’ antipatica…”. Ed è con lei, con particolare riferimento al tema finale, che successe il fattaccio che portò Mogol a ripetere l’anno: “Bisognava descrivere come sarebbe stata la vita nelle città del Duemila. Io scrissi che ci sarebbero stati i grattacieli, le strade asfaltate, su cui sarebbe stato possibile andare tutti veloci sui pattini a rotelle… Chiudevo, scrivendo: ‘Però, andando sui pattini, bisogna stare attenti se si hanno in mano le uova, perché si rischia di fare un frittata’. E quella cretina mi ha bocciato”.
MOGOL: “CON BATTISTI FINÌ PERCHÉ…”
Dopo avere rivelato ai lettori de “Il Corriere della Sera” l’origine del suo pseudonimo (“Non volevo utilizzare il cognome vero, per non passare da raccomandato di mio padre Mariano, che aveva un ruolo importante nella Ricordi”), Mogol ha descritto minuziosamente il suo rapporto con il compianto Lucio Battisti, rivelando che lo conobbe per via di un’amicizia in comune con il cantante. “Mi fece ascoltare le sue canzoni, che non erano un granché e io lo dissi chiaramente a quel ragazzo. Ma lui non ci rimase male. Mi fece un sorriso luminoso, dicendo: sono d’accordo. La mia amica invece rimase male e io, per metterci una pezza, invitai Lucio a venirmi a trovare, per lavorare a qualcosa insieme. Nacquero le prime tre canzoni, la terza era 29 settembre”. Mogol ha quindi sottolineato come Battisti fosse il suo contrario: “Era un matematico, andava in profondità, aveva un pensiero verticale, io orizzontale. Studiava molto, conosceva benissimo la musica internazionale, era molto preparato. Anche sul piano caratteriale eravamo diversi: io estroverso, lui riservato, non parlava mai di sé”. Mai una lite tra i due, anche se il loro sodalizio, a un certo punto, si interruppe per una “questione di principio: era giusto che ricevessi i diritti al 50% e gli chiesi di concedermi la sua stessa quota. Lucio non accettò e ci separammo, ma senza rancore”.