MOGOL, LA STORIA DEL SUO NOME: “LA SIAE NE AVEVA GIA’ BOCCIATI 30, POI…”
Mogol, perché si chiama così e qual è la storia che si cela dietro l’iconico pseudonimo artistico di Giulio Rapetti? Questa sera, a partire dalle ore 21.35 su Rai 1, torna l’appuntamento con Gianni Morandi e il suo amarcord musicale: infatti con “Evviva!” il cantautore bolognese celebrerà in musica i settant’anni della televisione nel nostro Paese e del ricco parterre di ospiti dello show farà parte anche l’87enne discografico milanese e paroliere, celebre per aver lavorato con i nomi più importanti dello showbiz nostrano, da Lucio Battisti (del cui sodalizio con Mogol parliamo in un altro pezzo) ad Adriano Celentano e tanti altri. Scopriamo l’origine di questo nome con cui è conosciuto dal grande pubblico e che lo stesso Mogol ha aggiunto al suo cognome paterno.
Per conoscere la storia del nome di Mogol, perché si chiama così e di chi sia stata l’intuizione dobbiamo fare un salto indietro nel tempo: classe 1936 e figlio d’arte (il padre Mariano era dirigente della casa editrice musicale Ricordi), il giovane Giulio scelse di seguire le orme del genitore -che invece si firmava col nickname di Calibi– in una piccola etichetta per poi intraprendere la carriera di paroliere. Con la sua carriera oramai in fase di ascesa, ecco a 23 anni la svolta artistica sia dal punto di vista della carriera sia di quello pseudonimo: fu la stessa Siae nel 1959 a scegliere Mogol, individuando questo curioso pseudonimo all’interno di una lista di 120 nomi inventanti dallo stesso Rapetti junior. E l’origine della parola Mogol è da rintracciare nel mondo Disney anche se etimologicamente le radici sono addirittura mongole…
GIULIO RAPETTI E’ MOGOL ANCHE PER LO STATO: “RICONOSCIUTA MIA IDENTITÀ'”
Ma andiamo con ordine e a proposito di Mogol, perché si chiama così e perché è diventato in seguito il suo cognome dobbiamo ricordare che, innanzitutto, “moghol” o “moghul”, ossia ‘mongolo’, era un titolo in cui in Occidente si indicavano i sovrani della dinastia della Mongolia. Nel mondo invece di Paperino e i suoi tre nipoti, Qui, Quo e Qua, il Gran Mogol era la loro figura di riferimento quando vestivano i panni delle Giovani Marmotte, una sorta di versione parodistica dei gruppi scout dell’epoca e col GM che era uno dei membri adulti dell’organizzazione e responsabile delle attività dei suoi giovani componenti. Come accennato, al termine di una lunga battaglia burocratica, Mogol è anche riuscito a farsi riconoscere dall’anagrafe lo pseudonimo nel cognome.
Nei ricordi del diretto interessato sulla genesi di Mogol, perché si chiama così e come mai decise di usarlo ci affidiamo alle sue stesse parole: “Il mio nome d’arte è ispirato a Qui, Quo e Qua” aveva spiegato, ricordando che la Siae gli aveva già bocciato oltre trenta nomi d’arte, poi il colpo di genio. “Quando hanno accettato lo pseudonimo mi è venuto un colpo perché era il nome del generale delle giovani marmotte… Ho pensato: vabbè, chissenefrega, tanto nessuno conoscerà Mogol. E Mi sono sbagliato…”. E ora Giulio Rapetti è anche Mogol per lo Stato dato che dopo anni di uso di quello pseudonimo il Ministero dell’Interno aveva concesso al paroliere l’autorizzazione di aggiungerlo al cognome di nascita. “Ero Mogol prima che lo Stato mi riconoscesse questo diritto, dunque non hanno fatto altro che riconoscere questa mia identità: è una cosa che mi ha fatto felice, una ciliegina sulla torta (…) Giusto così: Mogol è il mio nome, quello con cui la gente mi conosce: è il mio nome quasi più vero dell’ altro. Volevo poi che i membri della mia famiglia portassero un mio ricordo, visto che il cognome acquisito si trasferisce a tutti i discendenti diretti”.