IL SOTTOSEGRETARIO MOLTENI DIFENDE LA LEGGE BOSSI-FINI
Secondo il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni la legge Bossi-Fini non solo va mantenuta così ma va «salvata». Dalle opposizioni – l’ultima in ordine di tempo è stata la neo-segretaria del Pd Elly Schlein – anche in maggioranza di Centrodestra non v’è pieno concordare sulla storica legge Bossi-Fini, la n.189 del 30 luglio 2002 con cui ancora oggi viene disciplinata l’immigrazione in Italia. Di recente è stato il vicepremier Antonio Tajani e con lui anche il Ministro degli Interni Matteo Piantedosi a sottolineare come vi sia necessità di una rielaborazione della Bossi-Fini per far fronte al boom di immigrazione in arrivo dall’Africa ormai tutti i giorni.
«Sul tema migranti la legge Bossi-Fini altro non è stata che un’operazione normativa di riforma di una legge che si chiama Turco-Napolitano, che prevedeva gli stessi capisaldi», spiegava solo qualche giorno da il Ministro Piantedosi, aggiungendo come il provvedimento «si distinse, tra l’altro, per la più grande sanatoria della storia. E proprio in base a quell’esperienza si è rivelata inefficace e ha indotto chi è venuto dopo, come noi, che bisogna creare canali d’ingresso regolari».Intervistato da “Il Foglio” il sottosegretario, leghista doc, difende il provvedimento “bandiera” del Carroccio rispondendo a quanto solo qualche giorno fa aveva detto il suo stesso Ministro degli Interni (anche lui in quota Lega) Matteo Piantedosi. «I principi della Bossi-Fini non sono negoziabili. Altrimenti, se viene messo in discussione il reato di immigrazione clandestina, rischiamo di fare la fine della Francia. Spalancando le porte a quello che chiede da anni la sinistra: il permesso provvisorio per motivi di lavoro», rileva Molteni rispondendo anche a Tajani che ieri sempre al “Foglio” aveva lasciato intendere che la legge Bossi-Fini si potesse cambiare.
NICOLA MOLTENI: “RISCHIAMO DI FARE LA FINE DELLA FRANCIA SE CAMBIAMO LA BOSSI-FINI”
«La Bossi-Fini non è un totem. E’ una legge che ha ormai vent’anni, dunque una revisione non è fuori dalle ipotesi», è stato il commento della deputata FdI Sara Kelany dimostrando come nel Centrodestra non sia appunto granitica la difesa di una legge ormai datata 21 anni. Per Molteni però i rischi di un cambiamento radicale della normativa sono ben più alti del benefici che ne trarrebbero: «i due pilastri della politica migratoria di questo governo sono: il contrasto all’immigrazione irregolare, attraverso uno sguardo alla dimensione esterna. E la gestione dei flussi regolari, per poter scegliere il tipo d’immigrazione che si vuole: ovvero quella qualificata», spiega il sottosegretario salutando positivamente il recente Memorandum siglato dalla Premier Meloni in Tunisia con il Presidente Saied e la leader Ue Von der Leyen.
«Dopo anni di distrazione», sottolinea ancora il leghista, «finalmente l’Unione europea si è accorta, grazie al lavoro del governo italiano, che non ci si può semplicemente occupare di redistribuire clandestini. Bisogna lavorare sulle condizioni per fermare le partenze, per rafforzare i rimpatri. E dalla Tunisia oramai arrivano la gran parte dei migranti che sbarcano sulle coste italiane». La Bossi-Fini però non va modificata nei suoi pilastri, conclude Molteni affrontando di petto la questione cruciale: non nei suoi fondamenti va modificata, in quanto prevede «che entri in Italia solo chi ha diritto, con un regolare permesso di soggiorno. Poi, certo, sono passati più di vent’anni da quando è nata, diverse norme in materia di immigrazione a livello comunitario si sono stratificate. Possiamo arrivare a una semplificazione. Ma certo non ci possono essere stravolgimenti». Abbiamo visto in questi anni cosa sta succedendo in Francia, aggiunge Nicola Moltenti: «emarginazione sociale, mancata integrazione. Ecco, non è quello il nostro modello e non è quello che ci chiedono i sindaci, di tutti gli schieramenti».