Giù le mani dalla nostra birra Rochefort. I monaci trappisti possono esultare dopo aver vinto l’ultimo round della battaglia legale che va avanti da 10 anni e che due giorni fa è culminata con la pronuncia della Corte di Appello di Liegi, che ha ribadito che l’acqua della sorgente Tridaine non va toccata, così come “predicato” dai monaci dell’abbazia Notre-Dame de Saint-Remy.



I monaci trappisti di Rochefort, nel sud del Belgio, come ricostruito dal Corriere della Sera, difendono l’atto del 1833 che gli ha concesso una servitù sulla fonte, anche se questa è di proprietà del gruppo minerario Lhoist. Il responsabile dell’azienda, Jean Marbehant, ha spiegato: “La galleria attuale è già artificiale, noi vorremmo canalizzare l’acqua per aumentare la nostra capacità di estrazione“. Lhoist, azienda con 100 filiali in 25 Paesi e oltre 6000 dipendenti (di cui 150 impiegati nella cava vicino all’abbazia) ha dunque bisogno di pompare più acqua per allargare la cava e continuare la produzione di calce, altrimenti destinata a interrompersi nel 2022. Da questo orecchio, però, i monaci trappisti non ci sentono…



MONACI TRAPPISTI: “GIU’ LE MANI DALLA NOSTRA BIRRA”

Da quando è emersa la necessità di intervenire sulla sorgente, i monaci trappisti si sono messi di traverso, convinti che ogni modifica del corso d’acqua avrebbe finito per alterare il gusto speciale della loro birra. A nulla sono serviti gli esperimenti condotti dai periti nominati da Lhoist, tesi a dimostrare che le qualità dell’acqua sarebbero rimaste immutate, e alla fine i tribunali belgi hanno dato ragione ai monaci e al loro diritto di tutelare la tradizione. Rochefort a parte, le birre trappiste sono in pericolo perché iniziano ad esserci carenza di monaci disposti a dedicarsi alla produzione. La denominazione «trappista», ricorda Il Corriere della Sera, deriva dall’abbazia di Notre-Dame de la Trappe, in Normandia, dove nel 1664 l’abate Armand Jean Le Bouthillier de Rancé fondò l’ordine dei “cistercensi della stretta osservanza“, facendo così ritorno ad una severità di costumi smarrita, caratterizzata dall’obbligo del silenzio e del lavoro manuale, limiti ferrei alla corrispondenza e dieta ristretta. Una stile di vita forse oggi meno rigido di allora, ma comunque tale da attrarre pochi volontari.

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