Il Mondiale 2022 si appresta ad iniziare, ma allo stesso tempo è in corso il cosiddetto “Qatargate”: in Francia, infatti, è stata avviata una indagine sull’attribuzione del campionato al Qatar, che a distanza di oltre dieci anni continua a creare numerose polemiche in tutto il mondo. Il sospetto è che dietro a quest’ultima ci sia stato un “piano corrotto” in cui sarebbero coinvolti anche Michel Platini, ex presidente UEFA, e Nicolas Sarkozy, ex presidente francese.



I due, secondo la Procura, come riportato da Le Monde, avrebbero avuto il 23 novembre 2010 un pranzo informale all’Eliseo con Tamim bin Hamad Al Thani, attuale emiro qatariota. L’accusa ritiene che proprio in quella occasione Platini sia stato convinto a votare una settimana dopo per il Qatar, che avrebbe vinto con 14 voti contro gli 8 degli Stati Uniti. L’ex presidente UEFA ha respinto gli attacchi: “Avevo chiesto l’appuntamento al Presidente della Repubblica per comunicargli le mie intenzioni di voto. Non era un incontro per dirmi per chi votare”, questa la sua versione ufficiale. Essa, tuttavia, non convince.



Mondiale 2022, Platini convinto a votare Qatar? Il pranzo e i “regali”

La Procura in Francia ritiene che Michel Platini non sia stato convinto soltanto a parole a votare il Qatar come sede per il Mondiale 2022. Oltre al pranzo, infatti, pare ci siano stati anche alcuni regali o, meglio, monete di scambio. Per l’ex presidente UEFA si parla di prestigiosi orologi. A rivelarlo è stato Kevin Lamour, il suo ex capo dello staff: “Ha ricevuto regolarmente doni che poi sceglieva, con la moglie, di conservare o meno”. Il diretto interessato ha rigettato anche in questo caso le accuse: “Non ne ho mai ricevuti nel contesto della Coppa del Mondo, al di fuori tutti sanno che i qatarioti tendono a offrire questo tipo di omaggi”, ha affermato.



Per quel che concerne Nicolas Sarkozy invece l’ipotesi di reato è che avrebbe da questo scambio di voti ottenuto l’acquisto di armi francesi da parte della monarchia del gas. Ma non è tutto. Un’ultima parte dell’accordo, infatti, riguarderebbe il Paris Saint-Germain, a quei tempi in vendita. Il club era di proprietà dell’imprenditore Sebastien Bazin, amico del presidente, che l’anno successivo lo diede per il doppio del prezzo di vendita imposto inizialmente (da 30 mln a 64 mln) al Fondo Sovrano del Qatar.