C’era chi ripeteva, un po’ gufando, che il 2021, anno d’oro dello sport italiano, non si sarebbe più ripetuto. E come negarlo, dopo la bruciante sconfitta della Nazionale ai playoff contro la Macedonia del Nord? I campioni d’Europa esclusi per la seconda volta consecutiva dal prestigioso torneo calcistico mondiale!
Eppure era cominciata proprio con la Nazionale la lunga serie di vittorie che avevano costellato l’estate del 2021.
Il meglio di sé l’Italia l’avrebbe dato a Tokyo compiendo un’impresa senza precedenti.
Un italiano, Marcel Jacobs, vincendo l’oro nei 100 metri, diventa l’uomo più veloce del mondo. I magnifici della staffetta 4 per cento – Jacobs, Patta, Desalu e Tortu – bruciano l’Inghilterra con un finale da brivido. E che dire poi dell’abbraccio indimenticabile tra Gimbo Tamberi (oro nel salto in alto) e Marcel, al termine delle rispettive gare, siglate entrambe dalla vittoria?
Tokyo 2020 (Olimpiade giocata nel 2021 causa pandemia) ha fruttato all’Italia un bottino di 40 medaglie: 10 d’oro, 10 d’argento e 20 di bronzo.
Un primato che non conosceva confronti almeno fino al 18 giugno 2022 quando, alla Duna Aréna di Budapest, ha avuto inizio il campionato del mondo di nuoto.
Qui è successo davvero qualcosa di straordinario!
L’assenza della Pellegrini, uscita di scena con l’olimpiade di Tokyo, è stata assorbita senza traumi. Il suo testimone l’hanno raccolto in parecchi e adesso l’oro brilla sul petto di Ceccon, della Pilato, di Martinenghi e dell’eterno Paltrinieri: questo armadio a sei ante dallo “sguardo trasparente di un bambino”, dopo l’oro nei 1500 in vasca, ha conquistato il gradino più alto del podio nella 10 chilometri in acque libere, seguito a ruota dall’amico di sempre, Domenico Acerenza, vincitore di un argento che vale oro! Per non parlare di Verani, che ha compiuto l’impresa conquistando anche lui l’oro nella 25 chilometri in acque libere.
Questi personaggi, e non li nomino tutti, hanno ridisegnato, in due sole settimane, la storia del nostro nuoto: nel medagliere generale, l’Italia è terza dopo Stati Uniti e Cina, davanti ad Australia e Canada; nella classifica generale, per trovare un’altra europea, bisogna arrivare al sesto posto e imbattersi in una Francia fiacca e sbiadita: due soli ori contro i nove italiani.
Impossibile non interrogarsi sull’origine di un simile successo.
Dalle reazioni degli stessi atleti, intervistati magari a fine gara ancora grondanti d’acqua e di fatica, è difficile non accorgersi della tenuta umana di questi giovani nessuno dei quali supera i trent’anni.
Colpisce che, a dominare, siano parole come amicizia e gratitudine. È dunque possibile godere, più che della vittoria propria, di quella conquistata insieme. La più grande soddisfazione è rappresentare l’Italia con quell’umiltà che sa colorarsi di orgoglio.
Fa bene sentire Paltrinieri, dopo la competizione in acque libere, dichiarare che a lui e a Mimmo è capitata la cosa più bella: arrivare primo e secondo in una gara preparata insieme per anni. “Capivo che era Mimmo e non il tedesco Wellbrock a toccarmi i piedi nel rush finale, ed è stato come sentirmi a casa”. A chi si può parlare così se non ad un amico?
Analoga l’esperienza dei tuffi: per l’Italia il sincro misto da 3 metri è d’argento. A conquistarlo una coppia di adolescenti. Chiara e Matteo non esitano a dire che tra loro esiste “un’affinità incredibile”.
Lo stesso vale per le glorie della staffetta 4×100 mista: a vincere, l’hanno ripetuto più volte, non è stata innanzitutto la prestazione personale anche se proprio grazie alle singole prestazioni è piovuto un oro che ci ha ammutoliti.
Ma non è forse questa la nostra forza? Atleti che fanno squadra, disposti a primeggiare purché ad emergere sia innanzitutto il legame di solidarietà con i propri compagni.
Sono di parte, lo ammetto, ma guai a perdere questa coesione che è l’origine misteriosa di ogni autentica vittoria e non solo nelle vasche di un mondiale!
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