È il primo anno di Guardiola al Barcellona, tempi in cui il tecnico promosso dalle giovanili si presenta alle partite in giacca e cravatta. A fine novembre 2008 la trasferta a Lisbona diviene una sorta di spareggio per il primo posto finale nel girone di Champions League. Leo Messi, abbandonato il 19 per ereditare la maglia numero  10 di Ronaldinho, nel primo tempo dà spettacolo facendo segnare Henry.



Quando poco dopo l’intervallo lui stesso segna di rapina il 3-0, Guardiola pensa bene di togliere l’argentino per risparmiarlo in vista della successiva trasferta di campionato a Siviglia.

A quel punto succede qualcosa di statisticamente inusuale. Dapprima l’arbitro italiano Trefoloni prende fischi per fiaschi e vede una respinta di braccio di Marquez, che invece usa il petto. Punizione di Miguel Veloso al limite dell’area e palla quasi all’incrocio dei pali per l’1-3 dello Sporting. È il minuto 66. Palla al centro e dopo pochi secondi la rete si gonfia di nuovo su un repentino rovesciamento di fronte: Liedson firma il 2-3 e delirio sugli spalti del José de Alvalade. Di nuovo palla al centro e nello spazio di mezzo minuto terzo gol dei portoghesi… Peccato che Marco Caneira infili con un pallonetto sotto la traversa non Victor Valdés, ma il suo stesso portiere Rui Patricio! Tre gol in meno di tre minuti, pazzesco! Non è però questa bizzarra statistica a farmi ricordare quella partita, per la cronaca finita 2-5 per i blaugrana, ma quanto successo alla vigilia.



Finito l’allenamento, nello spazio tra lo spogliatoio e il pullman, mi ero avvicinato a Messi per scambiare due battute e avevo esordito dicendo “un saludo a el misionero”. Lo sguardo sorpreso dell’argentino era un esplicito invito a chiarire il senso di quel saluto e così mi ero lanciato a spiegare perché l’avevo definito missionario. Più che la trascrizione delle mie parole val la pena ricordare quel che è successo anche in questi giorni.

In un Paese dove è vietato esibire il crocifisso, il calciatore argentino è stato immortalato dalle telecamere sette volte (quanti sono stati i suoi gol al Mondiale) a farsi un doppio segno di croce. E questo gol alla censura non è stato significativo solo per il pubblico del Qatar, ma per almeno i due terzi della popolazione mondiale che vivono in nazioni dove la libertà religiosa non è riconosciuta o gravemente violata. E stiamo parlando di oltre 5 miliardi di persone!



All’epoca di quel nostro scambio di battute, Messi non era molto informato su questa situazione del mondo, ma il sorriso con cui ci congedammo fece capire che da quel momento in poi quel suo gesto di gratitudine e di amore a Dio sarebbe stato ancor più consapevole.

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