Argentina e Brasile hanno deciso di creare un sistema “a due”, con interscambi a moneta unica (il Sur), da estendere poi a tutto il Sud America. L’idea è quella di sganciarsi dal Dollaro e creare un mercato interno che sia competitivo a livello internazionale. L’Argentina ha un’inflazione che tocca il 90%, il Brasile non arriva al 6% e quindi a Buenos Aires rischiano d’avere un depotenziamento ulteriore del potere d’acquisto. Da cosa dipende questo? Molto semplice, sarà da capire il ruolo della Banca centrale che verrà creata ad hoc. Se sarà simile alla Bce, allora il solo Brasile avrà dei vantaggi e dopo di lui Stati con materie prime ingenti (Venezuela in primis) a scarso impatto del terziario. Lo scenario porterebbe a parametri “simil Ue” che in Asia (Paesi Asean) hanno abbandonato da subito. Un progetto che a un primo sguardo appare azzardato. Ma esiste forse una motivazione più profonda.



Il progetto, visto in chiave anti-Usa, ha interessato Cina e Russia, oltre all’India. L’idea è quella di creare un sistema alternativo al dollaro e un numero cospicuo di Paesi con una moneta di transazione internazionale per gli interscambi potrebbe tagliar fuori dollaro ed euro in un colpo solo. L’Ue paga la sua scarsa flessibilità ed è legata a logiche di debito, di fatto con una Bce che blocca gli investimenti invece d’incentivarli e che segue una dottrina green (Lagarde la fautrice) talmente rigida che un mercato emergente come quello di Sur o Brics potrebbe portare molte aziende a produrre (e vendere) auto con motore termico in Sud America. La Cina e la Russia puntano a creare economie flessibili con macro aziende foraggiate dallo Stato: questo tipo di strategia incentiva investimenti diretti (e veloci), nel caso scevri anche da regole particolari legate a parametri “verdi”.



Una moneta del genere sarebbe una minaccia diretta al dollaro, emettere titoli in valuta Usa non avrebbe molto senso in caso “di raccolta” a tassi d’interessi vantaggiosi nella nuova moneta. Il Sur potrebbe essere solo un piccolo antipasto (sicuramente più intelligente del modus europeo, ha più senso infatti allineare due economie simili che facciano da nucleo che una decina con scompensi come tra Germania e Grecia, il grave errore del 1993) di ciò che ci aspetta: un mondo bipolare ma non propriamente simmetrico, l’asse occidentale costretto a riportare le produzioni in patria (di fatto aumentando i costi) in fretta e furia: diventerebbe infatti complesso investire in Paesi apertamente ostili al dollaro.



Ricordiamo che Argentina e Brasile sono state tiepide anche nella questione ucraina, di fatto l’organizzazione degli stati del Sud America ha declinato l’autoinvito di Zelensky, anzi i rapporti con Mosca sono rimasti intatti. Anche le dichiarazioni ufficiali non sono mai state in chiave pro Kiev. Piccoli tasselli che portano le due maggiori economie sudamericane a superare il dollaro come interlocutore di scambio, in attesa d’accettare qualche altra proposta. Interessante come quest’annuncio fosse congelato da circa un anno, se ne era parlato proprio a inizio 2022. L’unico problema rimane l’equilibrio tra economie, ma pare appunto che Pechino e Mosca si facciano carico della struttura, per ora con un filo di voce.

Mentre gli Usa propongono la Nato globale (che oltre all’alleanza militare implica sinergia industriale) l’asse sino-russo lavora sott’acqua e l’Ue rischia d’essere il vero vaso di coccio.

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