A Monfalcone, in provincia di Gorizia, il 33% degli abitanti è di fede islamica. Il Comune di 27 mila abitanti è stato invaso in questi anni dagli stranieri, che in un futuro imminente rappresenteranno la maggioranza della popolazione. È evidente, come riportato da Il Giornale, dai dati che arrivano dalle scuole, dove ci sono sempre più bimbe col velo e bimbi che godono sicuramente di maggiore libertà, ma la cui cultura è fin da piccolissimi radicale.
La percentuale di non italofoni nelle scuole del Comune è in media del 64%, ma in alcune classi arriva persino al 90%. È proprio per questo motivo che nei giorni scorsi una maestra ha dovuto fare i conti con la necessità di interfacciarsi con credenze molto diverse dalle proprie. “L’incidenza dei numeri crea delle situazioni inconcepibili. In una prima elementare una insegnante voleva fare disegnare agli alunni l’immagine di un cane, che tuttavia è considerato un animale impuro dagli islamici. Un bambino musulmano si è opposto e tutta la classe è stata costretta a evitare quell’esercizio”, racconta la sindaca Anna Maria Cisint.
Monfalcone, 33% di abitanti islamici: la sindaca denuncia i problemi
La prima cittadina di Monfalcone, dove il 33% degli abitanti sono islamici, da tempo denuncia i problemi derivanti dalla composizione della sua comunità: dalle più semplici difficoltà scolastiche all’allarme terrorismo. “Queste persone non danno l’impressione di volersi integrare, ma pretendono invece di vivere come se fossero nei loro Paesi di origine”, afferma. Il dialogo attualmente è sostanzialmente assente, coi musulmani che si chiudono nel rispetto della sharia.
La paura per il futuro del Comune è elevata, da parte della popolazione d’origine residente e dell’amministrazione. È per questo motivo che si sta lavorando a delle misure che possano favorire l’integrazione. A partire dalla legge anti burqa. “È una questione di sicurezza”. Ma non solo. L’obiettivo è quello di favorire l’inclusione delle bambine, spesso velate in classe. “Già a scuola si capisce come la cultura islamica preveda un diverso trattamento per le donne. Le famiglie sono disinteressate alla formazione scolastica delle bambine, tanto è vero che a una certa età che loro ritengono adeguata per il matrimonio le ragazze vengono ritirate per essere inviate ai Paesi d’origine”, conclude Anna Maria Cisint.