Monica Cirinnà, senatrice del Partito Democratico, ritiene che il Green Pass possa in qualche modo essere discriminante per le persone transgender, considerata la necessità in sede di controllo di mostrare un documento d’identità. C’è, infatti, chi non ha ancora ottenuto la correzione dei dati anagrafici, che richiede solitamente molto tempo e, a tal proposito, Cirinnà è intervenuta sulle colonne dell'”Huffington Post” per sottolineare la necessità di porre rimedio a questa situazione: “Ritengo assolutamente necessario intervenire sulle modalità di verifica del certificato verde, per fare in modo che venga rispettata la riservatezza e che le persone trans non vengano umiliate pubblicamente e costrette a rivelare elementi non necessari della propria identità e della propria storia”.



La donna ha poi aggiunto che “troppe persone non sanno, e dunque non capiscono, cosa significhi per una persona trans essere continuamente e pubblicamente esposta a un contesto sociale impreparato a riconoscerla nella sua dignità e a un contesto istituzionale che troppo spesso la misconosce apertamente”. Il Gay Center ha proposto di omettere almeno il nome nell’app di verifica e secondo Cirinnà potrebbe essere praticabile, rendendo visibile unicamente il QR Code, anche se resterebbe in piedi il problema dell’esibizione del documento.



MONICA CIRINNÀ: “GREEN PASS DISCRIMINA I TRANS”

Nell’intervista rilasciata ad “Huffington Post”, Cirinnà evidenzia che il Green Pass non è un unicum, in quanto sovente le persone che non hanno ottenuto la rettifica dei dati anagrafici si trovano costrette a mostrare i documenti con un nome che non sentono proprio. “Sono infiniti i momenti della vita in cui la persona trans incontra questo tipo di difficoltà – ha affermato –. Momenti della vita che le persone cisgender attraversano serenamente e senza problemi e che per le persone trans diventano un autentico calvario. Penso ad esempio al momento del voto: le persone cisgender sono abituate a mettersi in fila, ai seggi, secondo il sesso, mentre per le persone trans in attesa dei documenti anche questa diventa un’esperienza dolorosa e difficile”.



Cirinnà ha quindi sottolineato che tutto ciò succede perché molte leggi sono formulate seguendo, inutilmente, la logica della suddivisione delle persone in uomini e donne, ma accede anche “perché la legge 164/1982 prevede una procedura giudiziaria molto articolata, lunga e costosa per ottenere la rettificazione anagrafica. Una procedura che presuppone una diagnosi medica – patologizzando inutilmente le persone trans –, ma che, soprattutto, costringe le persone trans ad attendere mesi, e più spesso anni, per poter avere documenti adeguati alla loro identità di genere”.