Lewinsky: “Perché non si parlava di scandalo Clinton?”

Venticinque anni dopo lo scandalo che ha coinvolto Monica Lewinsky e Bill Clinton, l’ex segretaria dell’ex presidente americano si racconta a Vanity Fair, testata con la quale collabora ormai da molti anni. In una lista di 25 punti, ognuno per ogni anno, parla di Bill come “calamità” nella sua vita e rivela, nel primo punto: “Si può prendere la decisione giusta e avere comunque dei rimpianti. Inoltre, non giudicate il vostro privato in base a quello che gli altri mostrano di sé”.



L’ex stagista, nell’articolo, parla anche del linguaggio utilizzato nel 1998, che in epoca più recente si è evoluto e modificato, dando il giusto peso alla responsabilità dell’uomo e non solamente della donna. Sempre più spesso, infatti, si parla di “scandalo Clinton” e non di “scandalo Lewinsky”: “La mentalità secondo cui la colpa è sempre della donna, fortunatamente nel tempo, grazie all’influenza del cambiamento sociale, ha cominciato a incrinarsi. Un esempio lampante: quello che nel 1998 iniziò come «lo scandalo Lewinsky» o «l’affare Lewinsky» – un tropo surriscaldato sicuramente dal Watergate o da John le Carré o dal noto affare Profumo in Gran Bretagna – con il passare degli anni ha visto cambiare la propria definizione. La cultura e i media si sono adattati – su insistenza di molti osservatori e opinionisti indignati, tra cui questa rivista – a ribattezzare l’intera narrazione come «lo scandalo Clinton» o «l’impeachment di Clinton» o altri termini più consoni alle dinamiche di potere originarie”.



Lewinsky: “Linda Tripp una delle peggiori amiche al mondo”

In uno dei punti della sua lista stilata su Vanity Fair, Monica Lewinsky racconta: “Mi ci sono voluti 22 anni per riuscire a guardare Tutti gli uomini del presidente, che, sì, sono d’accordo, era eccellente”. Non manca poi l’ironia “Con il passare degli anni, i gusti nella scelta dei partner migliorano” e neppure una riflessione sul ruolo dei media: “Pensavamo che la «tabloidizzazione» delle notizie non potesse diventare più pacchiana o distruttiva dopo il processo a O.J. Simpson (1995), la folla di paparazzi che avevano inseguito la principessa Diana fino alla morte (1997), o la ressa della stampa che circondò l’intera saga di Clinton (dal 1998 al 2000), che contribuì a lanciare la nuova rete televisiva, Fox News. Quanto ci sbagliavamo. A causa, in gran parte, della capacità intimidatoria dei social media, il ciclo degli scandali 24 ore su 24, 7 giorni su 7, si è rivelato ancora più devastante per le vite, le carriere, le reputazioni, il discorso pubblico e la psiche americani”.



Lewinsky fa poi un riferimento anche a Linda Tripp, sua amica dell’epoca che registrò tutte le telefonate con l’ex stagista, nelle quali quest’ultima forniva i dettagli sessuali della sua relazione con Clinton, per poi renderli noti: “Venticinque anni fa avevo una delle peggiori amiche del mondo: Linda “Giuda” Tripp. Sebbene il risentimento e l’amarezza che ho provato per lei e il suo tradimento mi abbiano abbandonato da tempo, non mi sfugge quanto sia fortunata ad essermi potuta fidare di nuove persone. Le mie relazioni emotivamente più intime sono quelle con i miei incredibili amici”. Infine, anche un riferimento a Hillary: come fa sapere Lewinsky, Bill la chiamava “babbiona”, anche con lei.