Monica Marchioni è la mamma che il 15 aprile 2021 è stata avvelenata dal figlio Alessandro Leon Asoli con un piatto di penne al salmone a Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna. Ad avere la peggio, quella sera, è stato il suo secondo marito, Loreno Grimaldi, che è morto dopo averle ingerite, probabilmente per non deludere il ventunenne che le aveva preparate. La donna, invece, ad un primo assaggio, si accorse che c’era qualcosa di strano nel sapore, per cui si fermò. È in questo modo che è riuscita a salvarsi, seppure sia stata ricoverata per un mese.
“La mia vita è stata completamente distrutta. Ho perso la persona che amavo e anche un figlio, che a sua volta è il responsabile di tutto questo. Chi vive la mia esperienza non dimentica, impara a convivere con il suo dramma”, ha raccontato al Corriere della Sera. Monica non riesce a perdonare. Il ricordo di quanto accaduto è ancora vivido nella sua mente. “Alle prime forchettate ho subito sentito un forte sapore salatissimo, poi mangiando ancora il sapore era diventato di ammoniaca. Ho anche detto “ma cosa hai messo dentro la pasta?”, Loreno invece aveva già finito e si è sentito male. Quando ha visto che io non morivo ha cercato di soffocarmi e per fare tacere le mie grida mi dava dei pugni”.
Monica Marchioni, mamma avvelenata da figlio: “Alessandro era cambiato”
Monica Marchioni, la mamma avvelenata dal figlio, si è domandata innumerevoli volte perché Alessandro Leon Asoli ha commesso questo crimine. “Qualcosa era cambiato nella sua testa, era diventato molto freddo e di umore nero. Era attratto dal potere e dal fare tanti soldi e subito, anche per questo era entrato in giri che non mi piacevano. Si è perso inseguendo i soldi facili e le amicizie sbagliate”, ha ricordato. Ma forse c’era anche dell’altro. “Credo fosse entrato anche in una dimensione esoterica. Non so cosa guardasse su internet, perché non sono emerse cose particolari durante il processo e non ritengo che fosse finito in qualche setta. Era attratto dalla capacità di influenzare la personalità e i comportamenti delle persone. Spesso diceva con noncuranza: “Tanto a breve mi suiciderò”, comportamenti che a me preoccupavano tantissimo”.
A distanza di un anno e mezzo dal quella sera, la donna non ha più voluto entrare in contatto con il ventunenne, che si trova in carcere con una condanna a 30 anni per omicidio e tentato omicidio. “Non mi ha mai cercata. Io ogni mattina prego per lui, ma più che altro perché vedo un ragazzo solo e smarrito. Tornerei a parlagli solo se vedessi un reale cambiamento, un vero percorso di rinascita e di pentimento. Che però finora non c’è stato e non so nemmeno se in lui ci sia questo interesse”, ha concluso.