Teresa D’Abdon è la mamma di Monica Ravizza, una ragazza uccisa mentre era in dolce attesa dal suo compagno e poi bruciata. La donna è ospite di Silvia Toffanin e ricorda come questo terribile dramma ha avuto inizio. Pochi mesi dopo il primo incontro, lui le aveva già chiesto di sposarla, manifestando però un’ossessione nei suoi riguardi. Era il principio di ciò che sarebbe poi accaduto. “Al primo processo è stato condannato a 18 anni e 6 mesi, poi ha chiesto il rito abbreviato e ha avuto 16 anni. – ha ricordato la donna, svelando inoltre che – Ci ha offerto 100 mila euro ‘in cambio di vostra figlia’, è stata l’offesa più grande. Questa persona dopo 5 anni usciva dal carcere e andava a lavorare, l’hanno messo vicino casa mia. Il nostro dolore era forte…” (Aggiornamento di Anna Montesano)
CHI È MONICA RAVIZZA?
Nella puntata di questo pomeriggio di “Verissimo”, primo dei due appuntamenti del weekend con il rotocalco consueto delle reti Mediaset, non ci sarà spazio solo per lo showbiz e il gossip: infatti nel salotto tv di Silvia Toffanin sarà ospite anche Maria Teresa D’Abdon, la mamma di Monica Ravizza, la ragazza uccisa nel lontano 2003 a Milano dall’allora ex compagno, incapace di accettare la fine della loro relazione. Un delitto cruento che il tempo non ha cancellato e che per questa madre è stato motivo di dolore per via della vicenda processuale che ne è seguita con l’assassino, Diego Armando Mancuso, condannato tuttavia con uno sconto di pena.
Ma andiamo con ordine e, in attesa dell’ospitata di mamma Maria Teresa e di scoprire cosa racconterà alla Toffanin, ricostruiamo questa drammatica storia e uno dei tantissimi femminicidi di cui hanno parlato le cronache negli ultimi anni prima di cadere (sovente, ma per fortuna non in questo caso) nel dimenticatoio, diventando mera statistica. Come si ricorda, Monica, all’epoca 28enne e di professione estetista, era incinta del suo ex compagno ma era fermamente intenzionata a non sposarla: di Diego Armando le cronache dell’epoca parlano come di un uomo molto legato alla madre, ma pure molto introverso e solitario e che, come tanti altri, restio ad accettare la fine di un amore. Da qui la genesi di un rapporto fatto di gelosia e possessività che lo ha portato ad ucciderla perché, a suo dire, pur essendo incinta non voleva diventare sua moglie.
MONICA, FIGLIA DI TERESA D’ABDON, UCCISA NEL 2003: “CHI HA PROVATO IL MIO DOLORE PUO’…”
Per il brutale omicidio di Monica, Mancuso era stato condannato prima a 18 gradi (nonostante la richiesta di 20), pena ridotta poi nell’ultimo grado di giudizio a 18 anni e sei mesi e poi uscito di carcere grazie all’ennesimo indulto che la politica italiana concede indiscriminatamente. Maria Teresa D’Abdon, nel corso degli ultimi anni, ha partecipato a diverse trasmissioni televisive per raccontare la sua esperienza e, come detto, la dolorosa e beffarda esperienza nei tribunali italiani. La figlia Monica, incinta e desiderosa di abortire per chiudere definitivamente l’esperienza di vita con quell’uomo, fu uccisa nella sua abitazione assieme al bimbo che portava in grembo mentre si trovava a letto con diverse coltellate; successivamente Mancuso cercò di togliersi la vita dando fuoco alla casa per inscenare un suicidio, senza operò riuscirci.
“Solo chi ha provato tanto dolore può aiutare gli altri” ha raccontato la donna durante una sua partecipazione a “Tu Sì Que Vales”, parlando non solo dell’associazione in difesa dell’altra metà del cielo da lei fondata ma anche di come sia riuscita ad andare avanti nonostante questa sofferenza. “Ho scelto questa trasmissione perché è molto seguita dai giovani: io volevo stringere la mano ad una donna che sentito il mio stesso dolore, e cioè la madre dell’assassino, ma lei ha giustificato suo figlio” ha raccontato lo scorso settembre la signora D’Abdon nella trasmissione di Canale 5, spiegando come l’uomo che affermava di amare sua figlia sia arrivato addirittura ad ucciderla. Inoltre la donna ha raccontato che, nella sua richiesta di giustizia a cui forse le istituzioni non hanno dato pienamente risposta, ha anche rifiutato i soldi offerti come risarcimento. “Siamo andati avanti con il nostro dolore”.