«La strategia di diversificazione delle misure ha avuto una sua dimostrazione di efficacia», ha dichiarato il professor Franco Locatelli nella conferenza stampa dell’Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute. Dal monitoraggio è emerso che a livello nazionale il carico è molto significativo, ma con differenze che cominciano ad essere significative tra le Regioni. Inoltre, l’età mediana di chi contrae l’infezione che è sotto la soglia di marzo, ma sta crescendo leggermente. «La quota di persone sopra i 70 anni continua a crescere ed è coinvolta a pieno titolo anche in questa epidemia», ha aggiunto Silvio Brusaferro, presidente Iss, il quale ha precisato che la probabilità di completa saturazione si è allontanata grazie all’espansione.
I dati mostrano anche che l’età mediana dei deceduti è intorno agli 80 anni. «Ci sono alcune regioni con un trend in discesa nel numero di nuovi casi e con indice Rt sotto 1, ma l’epidemia in Italia si mantiene a livelli critici perché l’incidenza delle nuove diagnosi resta molto elevata e ancora in aumento, sia per gravità con un significativo impatto sui servizi assistenziali». Nella maggior parte del territorio la trasmissibilità è compatibile con uno scenario di tipo 2 con alcune Regioni/PA in cui è invece compatibile con uno scenario 3. Si osserva, dunque, una riduzione nella trasmissibilità rispetto alla settimana precedente, suggerendo un iniziale effetto delle misure di mitigazione introdotte a livello nazionale e regionale dal 14 ottobre. Ma poiché l’indice Rt è sopra 1 c’è un aumento di nuovi casi, per cui questo andamento non deve portare ad un rilassamento delle misure o ad un abbassamento dell’attenzione nei comportamenti.
L’Iss segnala che con l’attuale livello di incidenza di diagnosi resta frequente l’impossibilità di tenere traccia di tutte le catene di trasmissione e si mantiene un carico elevato sui servizi assistenziali con un ulteriore aumento dei ricoverati in area critica e non. La situazione descritta evidenzia forti criticità dei servizi territoriali e assistenziali sull’intero territorio nazionale. (agg. di Silvana Palazzo)
MONITORAGGIO ISS: INDICE RT NAZIONALE A 1.18
L’indice Rt in Italia è sceso a quota 1.18. Questo quanto emerge dalla bozza del report di monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di Sanità (Iss) e ministero della Salute. Il report precisa che si riscontrano valori medi dell’indice Rt tra 1 e 1.25 nella maggior parte delle Regioni e province autonome. Ma da questa settimana ci sono alcune Regioni in cui il valore Rt stimato è inferiore a 1. Secondo i dati aggiornati al 17 settembre, le Regioni che hanno superato almeno una soglia critica in area medica o terapia intensiva sono 18. Friuli-Venezia Giulia, Molise e Veneto sono invece le tre regioni in cui si riscontra un rischio moderato. Ma c’è una probabilità alta di progredire a rischio alto nel prossimo mese. A fronte della «trasmissibilità e la probabilità elevata di un imminente passaggio alla classificazione di rischio alto» si consiglia alle autorità sanitarie delle tre regioni di prendere in considerazione la possibilità di introdurre ulteriori restrizioni. Sotto l’1 in Lazio, Liguria, Molise e Sardegna. La riduzione dell’indice Rt suggerisce «un iniziale effetto delle misure di mitigazione introdotte a livello nazionale e regionale dal 14 ottobre 2020». Ma la trasmissibilità in gran parte del territorio è ancora con indice Rt sopra 1, quindi «questo andamento non deve portare ad un rilassamento delle misure o ad un abbassamento dell’attenzione nei comportamenti». (agg. di Silvana Palazzo)
MONITORAGGIO ISS 20 NOVEMBRE: RIAPERTURE A DICEMBRE?
È atteso come sempre nel pomeriggio il nuovo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità aggiornato al 20 novembre: dal report che l’ISS invierà al Governo, la cabina di regia anti-Covid provvederà ad eventuali “cambi colore” per le Regioni considerate ancora più a rischio. Come già ribadito dal Presidente dell’istituto nonché membro di Cts e Cabina di Regia, il professor Silvio Brusaferro, la curva del contagio in Italia va lentamente verso un raffreddamento: l’indice di contagio Rt è dato in discesa in molti territori inizialmente più sofferenti – su tutti la Lombardia e il Piemonte – che già oggi potrebbero considerarsi in “zona arancione” se il Dpcm non imponesse l’attesa di almeno 14 giorni con dati migliorati stabili. «I dati relativi al monitoraggio Iss sono aggiornati sempre, hanno indicatori complessi ma servono a capire il rischio», ha spiegato Brusaferro alle Regioni che chiedevano conto nei giorni scorsi di una possibile revisione dei parametri scelti dal Cts per suddividere le Regioni in fasce di rischio: ancora ieri il Ministro Speranza assieme al collega Boccia hanno ribadito la ferma nettezza del Governo, «non si cambiano parametri e regole almeno fino al prossimo 3 dicembre», ovvero quando il nuovo Dpcm “Natale” dovrebbe riaprire alcune attività e spostamenti per gli italiani per tutto il mese di dicembre (o quantomeno sicuramente fino a Natale).
MONITORAGGIO: QUALI REGIONI RISCHIANO
La data importante da segnare con il cerchio rosso è però un’altra: si tratta del 27 novembre, giorno da cui le Regioni potranno cominciare a cambiare la fascia di rischio (e dove Lombardia, Piemonte e forse Valle d’Aosta potrebbero da rossa tornare zona arancione). «E nella settimana successiva altre Regioni potrebbero passare dalla zona arancione a quella “gialla”. Sarà proprio la realizzazione di questo meccanismo — che misura i contagi da Covid-19 e la tenuta delle strutture sanitarie — a consentire di allentare le misure restrittive ora in vigore», spiega oggi il Corriere della Sera citando fonti di Governo. Il meccanismo del prossimo Dpcm, oltre che dai monitoraggi Iss settimanali, si fonderà proprio sul calcolo dei 21 parametri per decidere allentamenti e riaperture. Intanto però nella giornata di oggi, dopo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, alcuni territori potrebbero rientrare in un rischio maggiore e divenire così zona rossa: si tratta dell’Abruzzo al 100% (visto che già dal 18 novembre il Presidente Marsilio ha introdotto una ordinanza molto restrittiva che impone di fatto il lockdown regionale) e forse anche della Puglia, con la possibilità di indurre alcune province alla serrata e altre invece da tenere in zona arancione. «Nessuno sottovaluti la serietà della situazione. La pressione sulle strutture sanitarie è molto alta. Non si può assolutamente scambiare qualche primissimo e ancora insufficiente segnale incoraggiante in uno scampato pericolo. I primi segnali positivi sono frutto delle misure che abbiamo assunto nelle ultime settimane», ha spiegato ieri il Ministro Speranza ai Presidenti di Regione collegati in videoconferenza con il Governo.