Gli anticorpi monoclonali somministrati per il Covid possono causare mutazioni del virus Sars-CoV-2. Lo conferma uno studio, coordinato dall’Università di Verona, da cui è emerso che nei pazienti trattati appunto con i monoclonali si può sviluppare una risposta antinfiammatoria specifica che facilita il coronavirus a generare mutazioni evasive della proteine Spike. Di conseguenza, il virus può sviluppare resistenza agli anticorpi monoclonali in modo simile ai batteri che sviluppano invece resistenze agli antibiotici. Questo studio ha portato anche allo sviluppo di un algoritmo che identifica in maniera precoce i pazienti in cui il coronavirus può sviluppare mutazioni. La ricerca è stata condotta nell’ambito della collaborazione tra l’ateneo di Verona e l’Università di Anversa (Belgio), nell’ambito del progetto europeo “Orchestra” finanziata con fondi europei dal programma Horizon 2020, ed è stata pubblicata in pre-print sulla rivista scientifica Journal of Clinical Investigation.
Gli anticorpi monoclonali riducono in modo significativo il rischio di sviluppare forme gravi di Covid, motivo per il quale vengono usati nei pazienti ad alto rischio non vaccinati o immunocompromessi, affetti da neoplasie o sottoposti a trapianti. In questi pazienti, dunque, viene fornita una risposta immunitaria rapida ad una precisa variante del Covid, che il paziente non riesce a sviluppare da solo. Ma i ricercatori hanno scoperto che il trattamento potrebbe anche favorire mutazioni del coronavirus come risposta alla sostanziale pressione immunitaria creata da questo trattamento, congiunta alla risposta immunitaria del paziente.
COVID E MONOCLONALI, ALGORITMO SVELA I “RESISTENTI”
Nello studio, guidato da Evelina Tacconelli, che è direttrice della sezione di Malattie infettive e coordinatrice del progetto Orchestra, sono stati presi in esame pazienti ad alto rischio di sviluppare una forma severa di Covid che hanno ricevuto una terapia con anticorpi monoclonali. Dall’analisi delle varianti, effettuata dal laboratorio di Microbiologia medica dell’Università di Anversa, evidenzia come nell’8% circa dei pazienti trattati con anticorpi monoclonali produce mutazioni evasive della proteina Spike molto rapidamente. Se la maggior parte dei pazienti eliminano il virus Sars-CoV-2 nel tempo, chi è immunocompromesso ha una carica virale decisamente più alta per periodi più lunghi e una probabilità tre volte più alta che il Covid sviluppi mutazioni evasive della proteina Spike. Dunque, i ricercatori hanno sviluppato un algoritmo che può predire col 96% di precisione in quali pazienti è più alto il rischio di mutazioni evasive alla terapia con anticorpi monoclonali. Viene usata una combinazione di esami immunologici misurati nel sangue del paziente prima dell’inizio della terapia con anticorpi monoclonali. Pertanto, questo studio fornisce elementi utili per selezionare i pazienti ad alto rischio per trattamenti precoci. In questo modo, si può mantenere alta l’efficacia dei monoclonali usandoli nei pazienti che possono averne beneficio. Questo algoritmo può aiutare a prendere decisioni per ogni paziente per ridurre il rischio di fallimento del trattamento con i monoclonali, consentendo ad esempio di ricevere altre cure, come gli antivirali orali. Infine, può migliorare le strategie di riduzione del rischio, diminuendo la possibile circolazioni di mutazioni evasive del Covid.