«All’Italia non serve il Ddl Zan»: lo dice chiaramente Monsignor Massimo Camisasca, Vescovo di Reggio Emilia, intervistato da “Tempi” dopo la forte polemica sulla “nota verbale” del Vaticano in merito al disegno di legge contro l’omobilesbotransfobia fermo in commissione al Senato. «Non vi può essere alcun dubbio sulla lotta ad ogni forma di razzismo e discriminazione», è la premessa che il fondatore della Fraternità missionaria “San Carlo Borromeo” lascia al settimanale diretto da Emanuele Boffi.
Come ha spiegato più volte la Chiesa italiana e la stessa Santa Sede, il problema del Ddl Zan non è certo la protezione che conferisce ad ogni categoria discriminata: «È stato Cristo a rivelare Dio come padre e i figli come fratelli ponendo nella storia dell’uomo un seme che ha portato lentamente ad uno sguardo nuovo, promuovendo l’uguale dignità di ogni persona davanti alla società e a Dio stesso. Non possiamo perciò accettare discriminazioni in base al colore della pelle, alla provenienza sociale, al sesso, alla credenza religiosa». Fatta però questa premessa, il “fulcro” della polemica tra Stato italiano e Vaticano è di tutt’altra natura: «Penso che la legislazione civile e penale della Repubblica italiana abbia già al proprio interno le leggi per condannare ogni forma di discriminazione. Non occorreva, a mio parere, una nuova legislazione».
DDL ZAN, LIBERTÀ E CENSURA
Non solo, secondo Monsignor Camisasca non vi era certo bisogno di una legge che «metta in pericolo quelle libertà ricordate nel comma 1 dell’accordo di revisione del Concordato del 1984»: qui sta il punto sollevato dalla “nota verbale” della Segreteria di Stato vaticana, «non sono necessari articoli che mettano in pericolo la libertà di pensiero dei cristiani o di quanti hanno a cuore che un bene non vada a lederne un altro». Dal Concordato all’articolo 7 sulla libertà di educazione, le problematiche sul Ddl Zan non sono certo poche specie sul concetto di Stato “educatore” che toglie spazio alla sussidiarietà: «sono sempre preoccupato quando lo Stato pensa a se stesso come al grande educatore del popolo. Lo Stato non ha il compito di educare, ma di coordinare e sostenere le agenzie educative già presenti nella società civile. Uno Stato educatore sarà inevitabilmente uno Stato totalitario».