DON GIUSSANI, IL ’68 E LA SERENITÀ ‘NEL’ DRAMMA: PARLA MONS. MASSIMO CAMISASCA
Mons. Massimo Camisasca a 78 anni ha incontrato e conosciuto una miriade di persone nel segno del grande insegnamento appreso appena a 14 anni da Don Luigi Giussani: «Solo con lui capii che il rapporto con Dio è il rapporto con gli altri». Alla vigilia dell’intervento al Meeting di Rimini 2024 nell’incontro “Nulla di ciò che è umano mi è estraneo. Luigi Giussani e la letteratura” (domani 22 agosto 2024 in Auditorium D3 alla Fiera Nuova di Rimini, ndr) il vescovo emerito di Reggio Emilia si racconta a Marco Ascione sul “Corriere della Sera” raccontando le origini della sua fede, la sequela del “Don Gius” e la nascita di Comunione e Liberazione a cui resta ancora molto legato.
A 14 anni l’incontro che gli cambia per sempre la vita, quello con un insegnante brianzolo di religione al liceo classico Berchet di Milano: «Mio zio era il suo medico. In casa si parlava di lui come di un giovane prete che faceva prediche appassionanti. Conoscerlo fu per me un evento decisivo». È con Don Giussani che decidono la scelta del seminario, vocazione avvertita in giovane età ma concretizzata solo dopo la laurea in Filosofia in Cattolica a Milano: sono gli anni caldi del 1968 dove la “Gioventù Studentesca” di Don Giussani viene travolta come tutte le sigle giovanili dalle contestazioni in piazza e dal tentativo di “rivoluzione comunista”.
Mons. Camissca ricorda quegli anni come sereni e drammatici allo stesso tempo: dramma in quanto «tantissimi decisero di abbandonare il movimento» poi divenuto CL, ma serenità per il fatto che «rimasi saldo nelle mie convinzioni». Giussani già all’epoca ribadiva come molti fratelli avessero lasciato GS per il solo fatto di non aver capito, ricorda Camisasca, «che l’ideologia marxista non è la strada per affrontare i problemi che essi sentono e noi sentiamo con loro».
CAMISASCA DA VENDITTI AL MILAN DI SACCHI: “TANTI VENIVANO A MESSA, DA BARESI A MALDINI E…”
Nella lunga intervista al “Corriere”, mons. Camisasca racconta dei suoi lunghi anni passati a Roma dopo aver fondato la Fraternità missionaria di San Carlo Borromeo, fucina di preti e missionari che ancora oggi in tutto il mondo testimoniano il Vangelo di Cristo con freschezza e stretta vicinanza al popolo: racconta di aver conosciuto Antonello Venditti con cui è tutt’ora molto amico, tanto che spesso gli chiede di benedirlo prima dei suoi concerti. Per il cantante romano Papa Giovanni Paolo II era un marziano in quanto «era un uomo arrivato da fuori dal mondi».
Cantanti, attori, persone comuni e anche tante persone tormentate dalla fede e dal difficile rapporto col mistero, con la grande Piera Degli Esposti il rapporto fu molto stretto tanto che lei piombava spesso nel seminario della Fraternità San Carlo: «L’ultima volta che l’ho vista, al Sacro Monte di Varese, stava leggendo un testo di Erri De Luca. Mi disse che era diventata buddista e mi propose di fare altrettanto. Declinai». Ma per mons. Camisasca anche il mondo del calcio non fu lontano, specie quando venne contattato per fare il cappellano del Milan di Arrigo Sacchi e poi Fabio Capello: lui, giovane prete milanista, accettò volentieri e con molti è divenuto amico, da Filippo a Giovanni Galli, fino al grande capitano Franco Baresi, passando per Roberto Donadoni e per l’altra leggenda rossonera, Paolo Maldini. Una volta Berlusconi gli chiese quanti della squadra andassero a messa e Camisasca rispose con arguzia: «non potevo fare nomi, ma aggiunsi: più della media degli italiani».
DA BERLUSCONI A PAPA FRANCESCO: IL VESCOVO “CONSERVATORE” CHE SERVE LA CHIESA, “NON FACCIO PROSELITISMI, SONO QUELLO IN CUI CREDO”.
È proprio del rapporto con Silvio Berlusconi che insiste molto l’intervista del “Corriere della Sera” con il vescovo emerito di Reggio Emilia che non si ritrae dal rispondere: ne ammira la genialità da imprenditore, la discesa in campo e le gesta sportive. Secondo Camisasca, il Cav «si è rivelato uno capace in pochissimo tempo di costruire un partito e vincere le elezioni. Quanti possono dire lo stesso?». Non approva le sue vicende personali come le cene di Arcore e quant’altro ma si dichiara del tutto anti-moralista: «Non si giudica Kennedy solo dal suo rapporto con Marilyn Monroe», osserva ancora mons. Camisasca apprezzando il punto di incontro fra i valori liberali e quelli cattolici in Berlusconi, anche se «non si è accorto che il mondo cattolico si stava sfaldando».
Mentre ritiene che a CL abbia fatto male l’essere etichettata come un movimento politico, visto che è stata oscurata la grande identità ecclesiale, il vescovo Camisasca domani in visita al Meeting di Rimini non si arrischia a definirsi “conservatore” e ovviamente neanche progressista, in quanto lo ritiene un discorso piuttosto vano. «Papa Francesco è conservatore o progressista? La Chiesa è un evento che ha un fondamento. Per poter essere presente nel tempo e nello spazio deve essere fedele alla sua origine e creativa nelle sue forme espressive». Incontri, legami, fede ma mai proselitismi: Camisasca racconta di non aver mai provato a “convertire” qualcuno, semmai «Io porto con me ciò in cui credo e mi sono sempre sentito libero di parlarne», imparando appieno la lezione primaria di Don Giussani, si è in relazione con Dio solo essendo pienamente in rapporto con l’altro.