DOPO PAROLIN ANCHE IL “MINISTRO DEGLI ESTERI” DEL VATICANO TORNA SULLA “BANDIERA BIANCA” DI PAPA FRANCESCO
Passato un po’ troppo sotto silenzio in Italia (ad eccezione de “il Foglio”, ndr), l’ultima intervista di mons. Paul Richard Gallagher ad “American Magazine” è tornata nuovamente a porre al centro del dibattito internazionale le famose dichiarazioni di Papa Francesco in merito alla necessità di una “bandiera bianca” per la guerra in Ucraina. E così dopo l’intervento del Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, anche il “ministro degli Esteri” della Santa Sede corregge il tiro (o, in positivo, chiarisce meglio) quanto il Santo Padre intendesse con l’appello alla pace lanciato nella lunga intervista alla RSI svizzera.
«La Santa Sede sostiene l’integrità territoriale dell’Ucraina. Noi sosteniamo che i confini dei paesi non debbano essere modificati con la forza. Questa resta la nostra posizione e riteniamo che questa sia una posizione giusta e questa è la nostra posizione nei confronti dell’Ucraina»: così mons. Gallagher al magazine dei Gesuiti americani rilegge la costante vicinanza di Papa Francesco agli sforzi diplomatici per far cessare una guerra in corso ormai da due anni e senza per il momento accenni di tregua. Per il prelato, il Vaticano riconosce il diritto all’Ucraina di compiere tutti i passi necessaria per un accordo che sia «pace giusta, anche riguardo ai suoi territori», questo però – ribadisce mons. Gallagher – non deve essere imposto a Kiev. «Se l’Ucraina e il suo governo vogliono farlo, allora è del tutto a loro discrezione», aggiunge il segretario per i Rapporti con gli stati e le organizzazioni internazionali della Santa Sede.
DALL’UCRAINA A GAZA: COSA HA DETTO MONS. GALLAGHER SULLE GUERRE DEL NOSTRO TEMPO
Tornando cosi sulla necessità di una “bandiera bianca dei negoziati”, mons. Gallagher è categorico: «Papa Francesco non intendeva chiedere all’Ucraina di arrendersi», bensì è una preoccupazione forte quella del Santo Padre per il destino di Kiev nella guerra continua con la Russia. Come già a suo tempo aveva commentato il cardinale Parolin, anche Gallagher sottolinea come l’immagine della bandiera bianca sia stato introdotto dal giornalista RSI, non dal Papa: «Penso che per il Papa si trattasse più di una bandiera bianca in termini di invocare protezione su un processo di negoziati, che alla fine deve arrivare. Tutte le guerre finiscono con una qualche forma di negoziazione». Sempre secondo il “ministro degli Esteri” vaticano, la Russia ad oggi non sta stabilendo «le condizioni necessarie per un dialogo», ovvero in primis «fermare gli attacchi, fermare i missili. Questo è ciò che deve fare la Russia!».
In merito ad una possibile visita di Papa Francesco a Mosca nel prossimo futuro viene nuovamente smentito da mons. Gallagher, lasciando però una “minima” porta aperta: «Non che ne sia a conoscenza di un viaggio. Ma, come sapete, il Papa ha sempre detto che sarebbe andato insieme nelle due capitali, oppure che avrebbe programmato due visite: a Mosca e a Kiev». Dalla guerra in Ucraina al conflitto in Medio Oriente, con il cessate il fuoco che ancora sembra piuttosto lontano: «C’erano grandi preoccupazioni per l’Ucraina e Gaza. Allo stesso tempo c’è stato uno sforzo per vedere il lato positivo perché c’è il pericolo che ci troviamo in una situazione “perdente-perdente”. Non ci sono dubbi: in questo momento nella comunità internazionale si respira un clima diverso e più preoccupato». Per mons. Gallagher, Israele è stato vittima di un attacco ignobile e traumatica da parte di Hamas, ma questo non giustifica la reazione militare a Gaza: «La nostra preoccupazione è vedere la fine della sofferenza e del conflitto, la fine delle uccisioni, e quindi penso che non sia utile che siamo noi a dare un giudizio» sul definire genocidio nella Striscia di Gaza. Il problema sarà poi anche il post-guerra, con Israele che rischia in questo modo di minare la propria stessa sicurezza nella Penisola araba: «non si può fare a meno di pensare che gli obiettivi fissati dal primo ministro Benjamin Netanyahu all’inizio [della guerra] – vale a dire la distruzione di Hamas, la disattivazione di Hamas in modo che non costituisca mai più una minaccia per Israele – ovviamente, possono essere parzialmente ottenuti». Con però la sofferenza del popolo palestinese, conclude mons. Gallagher, il problema delle vittime in Terra Santa non è un tema da poco: «non si può fare a meno di pensare che ciò stia preparando una futura generazione di terroristi che rappresenterà una minaccia per il futuro di Israele».